I Maestri della fotografia. In Calabria il Premio Mario Carbone 2025.

Lunedì 18 agosto, al Museo archeologico di San Sosti, Ottava Edizione del “Premio Mario Carbone 2025”, premio di fotografia, che prevede l’esposizione dei lavori di oltre 70 concorrenti provenienti da tutta Italia.

di Pino Nano
Sabato 16 Agosto 2025
Roma - 16 ago 2025 (Prima Pagina News)

Lunedì 18 agosto, al Museo archeologico di San Sosti, Ottava Edizione del “Premio Mario Carbone 2025”, premio di fotografia, che prevede l’esposizione dei lavori di oltre 70 concorrenti provenienti da tutta Italia.

Protagonisti della serata, chi in presenza chi invece in video, saranno Marco Laudonio (giornalista e grande esperto di storia sociale), Roberto Carbone (figlio del fotografo e curatore dell’Archivio Mario Carbone ed Elisa Magri), Dario Nardella (ex sindaco di Firenze, europarlamentare), Marco Delogu (fotografo, Presidente Consiglio di Amministrazione dell’Azienda Speciale PALAEXPO – Roma), Giuseppe D’Addino (di fatto il biografo di Mario Carbone e curatore della mostra), Nicola Coccia (scrittore, vincitore del Premio Carlo Levi 2016), Anna Svelto (fotografa) e Lucia Perri (Associazione Movendo Lux).

 

In Calabria e nei paesi del Pollino non si parla d’altro: anche per quest’anno il Comune di San Sosti, siamo in provincia di Cosenza, riproporrà dunque il Premio Fotografico Internazionale Mario Carbone, che prende appunto il nome da uno dei fotografi italiani oggi più famosi al mondo.

 

Il Premio Mario Carbone si celebra lunedì sera, per le strade e nel cuore più antico di San Sosti, e si riconferma nei fatti uno dei premi di fotografia più prestigiosi e più autorevoli di quanto si potesse immaginare di mettere in piedi in una regione così marginale e così lontana da tutto come lo è ancora la Calabria.

 

Il Premo Mario Carbone è un premio “fotografico”, che nasce immediatamente subito dopo la consegna, da parte di Vincenzo De Marco, allora Sindaco di S. Sosti, nel dicembre del 2012, della cittadinanza onoraria a Mario Carbone, cerimonia che prese corpo e vita quasi per gioco, almeno all’inizio, proprio in mezzo a questo grumo di vecchie case che si affacciano sulla Sibaritide, nella parte sud-est del Parco Nazionale del Pollino, e che è poi il paese natale di Mario Carbone.

La storia artistica di Mario Carbone è davvero lunghissima, copre quasi un secolo, va dal carretto trainato a mano al raggio laser, passando attraverso i luoghi dell’Italia rurale fino alle grandi metropoli, con un occhio sempre attento alle celebrità dell’arte e agli autori di quegli anni, amico personale di Renato Guttuso, così come era attento alle persone comuni, alle periferie del mondo, alle strade più disastrate del mondo civile.

Mario Carbone -ricorda Marco Laudonio giornalista e studioso di storia sociale e di comunicazione pubblica-  diventa nei fatti un “testimone del suo tempo”, un osservatore scrupoloso e un analista severissimo delle condizioni di vita sociale e politica di quegli anni in Italia e in Europa. Carbone fu un grande fotoreporter, a partire dal viaggio che fece con Carlo Levi in Lucania nel 1960 alle prime immagini dell’alluvione di Firenze del 1966, dal terremoto del Belice del 1968 alla manifestazione studentesca di Valle Giulia, un “mago della fotografia” che operava con la macchina da presa e con quella fotografica in quello che egli stesso definiva “un modo intuitivo, spontaneo e non meditato”.

“Con Carlo Levi – mi raccontava Mario Carbone nell’ultima intervista che gli feci prima di morire- abbiamo raccolto volti e storie nella Matera degli anni Sessanta. Per i 100 anni dell’Unità d’Italia, Mario Soldati lo incarica di raccontare la Basilicata alla Mostra delle Regioni, Italia ’61, e lo spedisce in Lucania, e lui scelse me come fotografo. La gente viveva nei Sassi. Poi cacciarono via tutti. In quegli anni era già in costruzione un altro luogo dove portare quelle persone, ma era tra quei sassi che loro si sentivano a casa. Non volevano andare via. La definirono “Una vergogna nazionale”, ma invece lì c’era, malgrado il disagio, la Matera più vera e più autentica. Carlo Levi era una persona disponibile. Ascoltava tutti. Parlava con tutti. Non mi dava indicazioni. Io fotografavo ciò che più mi colpiva. E poi lui ne trasse i soggetti del suo grande pannello esposto nel museo nazionale lucano. Nel mio archivio conservo oltre 400 fotografie di quel lavoro. Io spero che queste immagini possano un giorno diventare un patrimonio comune”.

La sua storia- lo ricorda la nipote del cuore Marilena Sirangelo -che un anno fa gli ha dedicato proprio in Calabria una mostra antologica bellissima – è stata ripresa dai giornali americani con grande risalto in occasione della sua rassegna internazionale all'Istituto Italiano di Cultura di New York, così come anche l'acquisizione delle sue foto al Metropolitan Museum di New York ha fatto ormai il giro del mondo”.

Nato a San Sosti nel 1924, in un’epoca di grande povertà ed emarginazione sociale, Mario Carbone è poi morto a Roma nella sua casa sulla Collina Fleming dove ormai viveva da anni all’età di 101 anni, lasciando un ricordo tenerissimo di questo suo malinconico viale del tramonto. Aveva appreso il mestiere di fotografo appena giovanissimo, dal ritocco alla stampa ai primi negativi, dalle foto-tessera ai ritratti, svolgendo un lungo apprendistato in un piccolissimo e anonimo laboratorio fotografico di Cosenza gestito allora da quello che lui considerava il suo “vero maestro”, e che era Giuseppe Malito storico fotografo di Pedace.

“Le sue intuizioni -sottolinea oggi il suo biografo ufficiale Giuseppe D’Addino- come le foto dal televisore della metà degli anni ’60, il teatro Patologico, il primo ed ultimo “Festival della Poesia” di Castel Porziano, sono ormai pietre miliari della storia della fotografia. Nel corso di un decennio, Mario Carbone racconta e “firma” con la sua macchina da presa le lotte operaie alla Zanussi (Uomini nella fabbrica, 1964), l'occupazione delle terre a Melissa in Calabria, (Sedici anni dopo, 1967), la condizione del lavoro contadino al Sud (Dove la terra è nera 1966), ma indimenticabile sarà. La rivolta degli studenti alla facoltà di architettura di Roma”.

Oggi a 101 anni dalla sua nascita e a solo pochi mesi dalla sua morte Mario Carbone qui a San Sosti è più presente che mai, proprio grazie a questo Premio che oggi porta il suo nome e che si candida a diventare nei prossini anni punto di riferimento internazionale per il mondo della fotografia.

 

 

 


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