L’Arsenale di Venezia appartiene ai veneziani?

A Venezia il dibattito è sempre aperto. Quale sarà il futuro dell’Arsenale? Lo abbiamo chiesto ad un giornalista veneziano importante che per lunghi anni è stato volto storico del Tg2 delle 13, Maurizio Crovato.

di Maurizio Crovato
Giovedì 27 Gennaio 2022
Venezia - 27 gen 2022 (Prima Pagina News)

A Venezia il dibattito è sempre aperto. Quale sarà il futuro dell’Arsenale? Lo abbiamo chiesto ad un giornalista veneziano importante che per lunghi anni è stato volto storico del Tg2 delle 13, Maurizio Crovato.

Sto leggendo la bozza del nuovo protocollo di intesa per l’Arsenale, tra Ministero della Difesa, Ministero della Cultura e Comune di Venezia, e mi viene da sorridere.

È passato quasi mezzo secolo per i 48 ettari di storia vera della Serenissima. Una bella fetta di centro storico, quasi un nono dell’intera superficie della città antica. Tanto per dire. L’Arsenale-monumento più conservato d’Europa.

“Parte importante e fondamentale di Venezia che deve essere restituita ai cittadini”. Lo disse nel 1980, il celebre architetto Paolo Portoghesi, inaugurando con la Biennale la rivoluzionaria rassegna “La presenza del passato”. Con l’apertura della “Strada novissima” alle Corderie, infatti, l’Arsenale diventava per molti veneziani e artisti, un luogo visibile e usufruibile. La mostra divenne uno dei momenti più belli della Biennale Architettura del Novecento. Ieri sembra oggi.

Il cantante Claudio Baglioni, due anni dopo, nel 1982, fu invitato dal brioso ammiraglio Renato Fadda, desideroso di consegnare simbolicamente l’Arsenale ai giovani veneziani. Si allestì in Darsena Grande, un concerto passato alla storia. Tutti i giovani veneziani, in barca a remi, ad assistere, gratis, allo spettacolo. Chi andava a piedi pagava il biglietto. Momenti magici.

Abbiamo la triste consapevolezza esattamente 40 anni dopo che l’Arsenale deve ancora essere parte integrante e vissuta della città.

L’entrata principale “La porta de tera”, con i magnifici leoni mitologici (che l’ammiraglio Francesco Morosini portò via da Atene nel 1687 dopo il bombardamento del Partenone. Unica giustificazione: i turchi lo avevano usato come deposito militare). Ebbene, la Porta di terra, è ancora interdetta ai residenti e ai visitatori perché “militare”. Gli altri ingressi secondari, sono più o meno inaccessibili. L’Arsenale, a parte le periodiche esposizioni d’arte della Biennale e qualche manifestazione nautica, è ancora un tabù. E pensare che nel 2003 con la creazione della società mista Arsenale spa (51% Demanio, 49% Comune di Venezia, l’ambizione del suo presidente Roberto D’Agostino era più che legittima. A lungo aveva sognato l’area come un grande centro universitario ad uso di studenti e giovani residenti. Addirittura, venti anni fa doveva anche essere istituito un grande “museo nazionale di archeologia, storia ed etnografia navale”. Altro tassello di una Venezia che doveva essere e non é stata.

Ora la rivista “Patrimonio Industriale” della Associazione italiana per il patrimonio archeologico industriale (Aipai) dedica il suo ultimo numero interamente all’Arsenale di Venezia e non senza polemiche.

“È molto triste riflettere - dice Franco Mancuso, docente Iuav e storico dell’architettura - quante occasioni sono mancate per restituire veramente l’Arsenale alla città. Il Comune di Venezia con la legge 179 del 2012 è diventato proprietario di quasi tutto il compendio arsenalizio”. Ma, tra “sine die”, ovvero concessioni in uso gratuito e spazi acquei strategicamente militari, di fatto è cambiato ben poco. Franco Mancuso, assieme all’arch. Claudio Menichelli, già funzionario alla Soprintendenza di Venezia, hanno curato quasi tutte le schede della monografia. “Di fatto - denuncia Mancuso - il Comune toglie ai propri cittadini il diritto di fruire spazi che li spettano”.

E pensare che ancora negli Anni Sessanta erano occupati all’Arsenale circa cinque mila operai. Un po’ alla volta tutti trasferiti a Porto Marghera.

Dopo la rinascita tardo ottocentesca, con il Regno d’Italia e con l’Arsenale punto di produzione avanzato per sommergibili e idrovolanti, il declino comincia nel 1920. Il comando della Marina Militare per l’Alto Adriatico viene soppresso. L’anno successivo declassato a semplice base navale. Nel 1932 l’area nord (i Bacini) vengono affidati ai privati. Nel dopoguerra venne momentaneamente ripristinato il comando per l’Alto Adriatico, ma nel 1957 definitivamente spostato in Ancona nelle Marche.

Nelle numerosissime pubblicazioni uscite sull’argomento, da ricordare i contributi fondamentali di Ennio Concina e Giorgio Bellavitis, oltre a Romano Chirivi. Tutti docenti Iuav. Arsenale come luogo di ricerca continua.

Nel 1999 la Marina Militare concede cinque ettari dell’area sud est, tra le Gagiandre e l’isola delle Vergini, alla Biennale. Da Livorno viene trasferito in laguna il “Centro studi militari marittimi”, una specie di università della Marina. L’allora ammiraglio Paolo Pagnottella sognava la creazione di un grande museo e l’uso degli Squadratori, un edificio seicentesco di quasi cinque mila metri quadrati, come sede congressuale.

Nulla è stato realizzato.

Nella nuova convenzione viene “concesso” al Comune l’uso annuale della Darsena Grande per due manifestazioni della durata di 15 giorni e la possibilità di riutilizzare il rio delle Galeazze, per i mezzi Actv.

Dante Alighieri, nella sua ultima missione a Venezia, rimase colpito dal luogo tanto che nel XXI canto dell’Inferno scrive “Quale nell’Arzanà de’ Viniziani - bolle l’inverno la tenace pece - a rimpallare i legni lor non sani…. “. Dante arriva a Venezia come ambasciatore dei Da Polenta, signori di Ravenna, e non parla di monumenti, ma di lavoratori che rendono viva una città.

 

 

 


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