Le Leggende dell'Alpinismo: La Parete Lucente, la voce di Barbra Streisand e il fantasma del terzo uomo
Himalaya 1985. Un austriaco e un polacco, travolti da una tempesta di neve, rimangono intrappolati su un muro di ghiaccio a 7800 metri. Non possono scendere né salire. Senza cibo e acqua, i due scalatori cominciano a delirare e ad avere allucinazioni. Scambiano le rocce per figure umane e alla vista di un grosso corvo imperiale provano la sensazione di volare.
di Antonio Panei
Domenica 29 Gennaio 2023
Roma - 29 gen 2023 (Prima Pagina News)
Himalaya 1985. Un austriaco e un polacco, travolti da una tempesta di neve, rimangono intrappolati su un muro di ghiaccio a 7800 metri. Non possono scendere né salire. Senza cibo e acqua, i due scalatori cominciano a delirare e ad avere allucinazioni. Scambiano le rocce per figure umane e alla vista di un grosso corvo imperiale provano la sensazione di volare.
Quando Robert Schauer e Woytek Kurtyka erano quasi in salvo, ebbero l'ennesima allucinazione: cominciarono a sentire la voce di Barbra Streisand. La musica continuava ad accompagnarli durante la discesa, a corda doppia, mentre loro non riuscivano a capire da dove provenisse. "Quel suono - ricorda Schauer - si arrestava improvvisamente solo quando il mio compagno di cordata si fermava. Quando riprendeva a camminare lo sentivamo. Poi capimmo: a produrre quella musica era la combinazione tra il ritmo del passo di Woytek e il suono acuto della corda che scivolava sul ghiaccio ruvido. Eravamo sfiniti, ci sembrava vero".


Tutto era iniziato il 13 luglio 1985 quando i due alpinisti arrivarono ai piedi del Gasherbrum IV (7925 m.). Il loro obiettivo era al limite dell'impossibile: aprire una via sulla Parete Ovest, la Parete Lucente, forse la più difficile e pericolosa al mondo. Nessuno c'era mai riuscito. Per non appesantire i loro zaini ci misero dentro solo i sacchi a pelo, le piccozze, le corde, il cibo e i liquidi necessari per 5 giorni. Cominciarono ad arrampicare con il bel tempo. Poi, però, il 18 luglio si accorsero di essere in trappola. A 7800 metri trovarono lastre di roccia lisce, prive di fessure. E come se già non bastasse, il tempo cambiò in modo repentino. Nel giro di pochi minuti vennero investiti da una violenta tempesta.


Non avevano vie di fuga. Erano consapevoli che scendere da quel punto voleva dire suicidarsi, dovevano almeno raggiungere la Cresta Nord-Occidentale per tentare la ritirata. L'unica soluzione, quindi, era attendere la fine della bufera e cercare un modo per salire. Si infilarono dentro i sacchi a pelo per un lungo e drammatico bivacco, in una minuscola cengia nevosa, mentre le valanghe si riversavano su di loro fin quasi a seppellirli vivi. Per evitare il soffocamento erano costretti a scavare neve, continuamente, senza mai poter dormire.


Soltanto la mattina del 20 luglio il cielo tornò a schiarirsi. L'austriaco e il polacco emersero, semi-congelati, dal loro rifugio di fortuna e decisero subito di riprendere la scalata. Avevano finito acqua e viveri. Riuscirono ad arrampicarsi su un canale di ghiaccio che le valanghe avevano liberato dalla neve. Dopo qualche ora si ritrovarono in un punto della montagna in cui potevano avanzare camminando. La neve arrivava fino alle loro ginocchia. Lentamente, con uno sforzo enorme, barcollando, giunsero ad una trentina di metri dalla vetta. A causa dello sfinimento fisico, della fame, della sete e dell'insonnia, cominciarono a delirare. Ebbero l'impressione che con loro ci fosse un altro alpinista.


Iniziarono ad incolpare il fantasma del terzo uomo di averli rallentati nella salita. "Ci aspettavamo che quel fantasma ci parlasse, che rispondesse alle nostre domande, ai nostri insulti". Scambiavano le rocce per figure umane, le nuvole avevano il volto di donne conosciute, sentivano persone che sottovoce li incitavano a proseguire. Ripetutamente avevano colpi di sonno. In quelle condizioni attaccare la vetta, che pure era vicinissima, non rappresentava più una priorità, se salivano ancora non avrebbero avuto poi la forza di tornare indietro.


Invece di puntare verso la cima, andarono in direzione della Cresta Nord-Occidentale. Cominciarono a scendere, a corda doppia. I loro movimenti erano goffi. Tuttavia ogni passo verso il basso era una piccola vittoria. Avevano il gelo nelle ossa, crampi allo stomaco per la fame. E continuavano le allucinazioni. Ad un certo punto sopra le loro teste comparve un grosso corvo imperiale. Lo fissarono incantati, desiderosi di librarsi in aria come lui. "Sentimmo ogni sensazione del volo: il vento in faccia, il freddo pungente, l'assenza di gravità. Una sensazione mistica di leggerezza alimentò il nostro istinto di sopravvivenza. Alla fine ci sembrò di planare al campo base. Vivi per miracolo, dopo 11 giorni di lotta con la morte".


Kurtyka oggi ha 75 anni ed è una leggenda vivente per le sue imprese himalayane, vincitore nel 2016 del Piolet d'Or alla carriera, il massimo riconoscimento per un alpinista. Schauer, 70 anni, dopo il Gasherbrum IV ha intrapreso la professione di regista e produttore di film di montagna. Entrambi, una volta tornati a casa, confessarono: "Ci mancano quelle allucinazioni sul G-IV". La loro via sulla Parete Lucente non è stata ripetuta da nessuno. Quella di Kurtyka e Schauer è considerata l'ascensione più incredibile del secolo.

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