Libri: esce il volume di Marco Cochi “Tutto cominciò a Nairobi. Come al Qaeda è diventata la più potente rete Jihadista dell’Africa”

Marco Cochi, “Tutto cominciò a Nairobi. Come al Qaeda è diventata la più potente rete jihadista dell’Africa”, Prefazione di Anna Maria Cossiga, Castelvecchi Editore

(Prima Pagina News)
Lunedì 23 Luglio 2018
Roma - 23 lug 2018 (Prima Pagina News)

Marco Cochi, “Tutto cominciò a Nairobi. Come al Qaeda è diventata la più potente rete jihadista dell’Africa”, Prefazione di Anna Maria Cossiga, Castelvecchi Editore

Libri: esce il volume di Marco Cochi “Tutto cominciò a Nairobi. Come al Qaeda è diventata la più potente rete Jihadista dell’Africa”
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Marco Cochi, Giornalista professionista, è analista del think thank “Il Nodo di Gordio”, è Docente nei Master di Studi Africani e di Governo dei flussi migratori presso la Link Campus University. Ha pubblicato “L’ultimo mondo. L’Africa tra guerre tribali e saccheggio energetico” (2006) e numerosi contributi in volumi collettanei e riviste scientifiche. Il suo blog è afrofocus.com.

Il 7 agosto 1998 due attacchi terroristici colpirono le Ambasciate statunitensi di Nairobi e Dar es Salaam, provocando 213 vittime e quasi quattromila feriti. E’ l’inizio della crociata antiamericana di Osama bin Laden e il punto di svolta per al Qaeda che per la prima volta ottiene l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. In presentazione del suo volume, l’Autore Marco Cochi aggiunge: “Dal 2006 gli attacchi in Africa sono aumentati del 1.000%. Un dato a dir poco inquietante, che conferma come la crescente diffusione del terrorismo nel continente stia alimentando conflitti, divisioni, instabilità, oltre a danneggiare lo sviluppo agendo come un parassita sulle economie dei molti Paesi africani interessati al fenomeno”. In occasione dell’uscita del suo volume “Tutto cominciò a Nairobi” lo intervistiamo per riflettere insieme sui suoi contenuti.

 A tutt’oggi, sembra vi sia una sotto-stima nel rappresentare l’africa intesa a livello continentale e -nello specifico- circa i conflitti in essere al suo interno. Sulla base della tua lunga esperienza giornalistica e per la tua profonda conoscenza del continente africano, puoi spiegarci perché ancor oggi accade?

 La cosiddetta informazione mainstream, quella delle testate giornalistiche occidentali, troppo spesso non tiene conto del fatto che l’Africa per estensione è il terzo continente del globo, che comprende un territorio vastissimo ricco di cultura, risorse e paesaggi unici. I media dei paesi più sviluppati tendono ancora a privilegiare la diffusione di notizie che confermano i luoghi comuni sul continente africano accumulatisi nel corso del tempo e ampiamente diffusi nelle società del cosiddetto Nord del mondo, dimenticando che si tratta di una realtà estremamente complessa, in costante evoluzione, dal punto di vista sociale, politico ed economico. Anche il fenomeno dell’insorgenza jihadista in molti aree dell’Africa, pur essendo estremamente letale e violento, per molti versi sembra essere sottovalutato dai media e dall’opinione pubblica occidentali, che riservano scarsa attenzione alla crescente minaccia del radicalismo islamico nel continente. Una scarna trattazione, che sembra non tenere conto delle molteplici e diverse caratteristiche del jihadismo africano e al tempo stesso non tiene molto in considerazione la situazione politica, sociale e di sicurezza dei Paesi interessati dal problema.

 Quali sembianze ha assunto il fronte fondamentalista di ispirazione islamica in africa, tra le varie formazioni armate affilate e/o alleate all’Isis o ad Al-Qaeda?

 Nel volume ho esaminato il fenomeno basando principalmente la trattazione sui tre gruppi più attivi nel continente: Boko Haram, al-Shabaab e la Jama’atNusrat al-Islam wal Muslimeen (Gruppo per il sostegno dell’Islam e dei musulmani), che con la benedizione di al-Qaeda nel Maghreb Islamico dal 2 marzo 2017 ha riunito sotto un’unica sigla i principali gruppi legati ad al-Qaeda, di stanza nel Sahel. Esaminando le dinamiche operative di questi movimenti estremisti ho posto in risalto vari fattori, tra cui spiccano la ferocia, le divisioni e l’uso impressionante di donne kamikaze da parte del gruppo nigeriano Boko Haram, l’espansione in Africa occidentale di al-Qaeda nel Maghreb Islamico e la strenua resilienza di al-Shabaab in Somalia, che ha potenziato la capacità di portare a termine attacchi letali su vasta scala per alimentare il clima di tensione nel Paese del Corno d’Africa.

 Qual è il ruolo ed il peso delle nazioni ex-colonialiste nell'Africa contemporanea?

 Sono propenso a ritenere che l’arbitraria divisione coloniale dei confini africani ha contribuito in maniera rilevante ai problemi attuali del continente causando la frammentazione di gruppi etnici in diversi paesi. Questo ha provocato diversi conflitti intrastatali e interstatali, come nel caso del Ruanda, Nigeria e Sudan. Senza dimenticare, gli effetti delle recenti Primavere arabe in Nord Africa, in particolare in Tunisia, Libia ed Egitto, sulle quali ha indubbiamente pesato il retaggio degli ex colonizzatori.

 La sudditanza africana culturale, economica, sociale nei confronti dell'unione europea ma anche dei più recenti potentati economici mondiali come la Cina lascia qualche spazio per poter immaginare un'africa che riesca finalmente ad "alzarsi da sola"?

Una domanda molto difficile alla quale posso provare a rispondere considerando che un continente così essenziale per la crescita degli altri Paesi è ancora isolato nei contesti internazionali, rappresentando solo il 3% dell’economia globale. Nello stesso tempo, non riesce a rompere le barriere e i protezionismi che impediscono ai suoi prodotti di andare sui mercati esteri. E se valutiamo che ogni 24 ore qualcosa come 33mila giovani che vivono in Africa sub-sahariana si mettono alla ricerca di un lavoro e che il 60% rimarrà deluso e disoccupato, comprendiamo che per milioni di giovani africani la realtà è fatta di sacche di povertà estrema, di abbandono delle campagne e urbanizzazione forzata, senza alcuna prospettiva. Una condizione di frustrazione che può anche risolversi con l’affiliazione a gruppi estremisti. E nel mio libro, dati e studi alla mano, arrivo a considerare che in questa scelta la religione incide in maniera assolutamente minore della condizione economica.


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