Los Angeles, processo Weinstein: Mel Gibson non sarà chiamato a testimoniare
L'attore avrebbe ascoltato per primo lo sfogo della terza accusatrice, rimasta anonima.
(Prima Pagina News)
Giovedì 17 Novembre 2022
Roma - 17 nov 2022 (Prima Pagina News)
L'attore avrebbe ascoltato per primo lo sfogo della terza accusatrice, rimasta anonima.
Mel Gibson non sarà chiamato a deporre dalla Procura di Los Angeles in merito al caso Weinstein.

L'attore, Premio Oscar per 'Braveheart', era stato inserito nella lista dei testimoni e avrebbe dovuto dare conferma in merito ad una delle accuse di molestie e stupri avanzate da diverse donne verso l'ex produttore cinematografico Harvey Weinstein.

L'attore, nello specifico, avrebbe ascoltato per primo l'accusa lanciata dalla "Jane Doe n. 3", restata anonima, che avrebbe detto che Weinstein l'avrebbe molestata nel corso di un messaggio.

La donna, una massaggiatrice, avrebbe mostrato segni di tensione quando l'attore aveva nominato Weinstein per caso, durante una sessione di massaggi. "Gibson è stata la prima persona con cui finalmente mi sono sfogata", ha dichiarato la donna durante la sua deposizione. "Gli dissi che Weinstein mi aveva aggredita ma non volevo entrare in dettagli. Ero traumatizzata e umiliata", ha aggiunto.

Non sono note le motivazioni per cui la Procura abbia deciso di non chiamare Gibson a testimoniare.

Durante le udienze preliminari, la giudice Lisa Lench aveva posto il divieto, per gli avvocati a difesa di Weinstein, di usare vecchie polemiche contro Gibson, secondo cui avrebbe detto frasi antisemite. Gli avvocati dell'ex capo della Miramax, d'altronde, avrebbero potuto tentare di screditare il testimone basandosi su una presunta lite tra Gibson e Weinstein in seguito all'uscita del film 'La Passione di Cristo', girato in gran parte a Matera, con Jim Caviezel e Monica Bellucci come protagonisti, che a Hollywood e dalle associazioni ebraiche statunitensi aveva ricevuto l'accusa di essere un insieme di stereotipi contro le persone ebree. Weinstein, anche lui ebreo, fece uscire un libro, intitolato 'Passion of the Christ', in cui criticò la trama del film.

All'epoca della realizzazione del film, nessuna grande casa di produzione accettò di distribuire l'opera, che alla fine venne distribuita direttamente da Gibson. "Quel film creò una faida tra Gibson e Weinstein", aveva dichiarato il capo della squadra di avvocati a difesa di Weinstein, Mark Werksman, aggiungendo che l'attore voleva "riabilitare la sua immagine" facendosi vedere come sostenitore del movimento #MeToo.

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