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Libri d’estate. “Il coraggio di Rosa. Storia di una donna che ha ripudiato la ‘ndrangheta”, Rubbettino Editore, è un libro che vi consiglio di leggere, perché è uno squarcio impietoso e fortissimo nel cuore della ndrangheta di questi anni.
Libri d’estate. “Il coraggio di Rosa. Storia di una donna che ha ripudiato la ‘ndrangheta”, Rubbettino Editore, è un libro che vi consiglio di leggere, perché è uno squarcio impietoso e fortissimo nel cuore della ndrangheta di questi anni.
Lo ha scritto un magistrato donna, Marisa Manzini, lei oggi è Sostituto Procuratore Generale presso la Procura Generale di Catanzaro, che in Calabria ha alle spalle quasi 30 anni di impegno quotidiano contro la Ndrangheta.
Nella dedica che Marisa Manzini propone in apertura del suo romanzo c’è per intero lo spirito e il messaggio forte dedicato alle donne. In questo caso, donne di ‘ndrangheta.
È una frase di Virginia Woolf, che il magistrato ha tirato fuori da Una stanza tutta per sé: “Le donne devono sempre ricordarsi chi sono, e di cosa sono capaci. Non devono temere di attraversare gli sterminati campi dell’irrazionalità, e neanche di rimanere sospese sulle stelle, di notte, appoggiate al balcone del cielo. Non devono aver paura del buio che inabissa le cose, perché quel buio libera una moltitudine di tesori. Quel buio che loro, libere, scarmigliate e fiere conoscono, come nessun uomo saprà mai”.
“Con questo romanzo – spiega Marisa Manzini- ho voluto mandare, alle donne di ndrangheta, un messaggio forte e chiaro. Con coraggio e con determinazione si può scegliere, avvicinandosi allo Stato, di riacquistare la propria libertà. Ai lettori vorrei invece che arrivasse un messaggio altrettanto forte, oggi la ndrangheta è una organizzazione che calpesta gli esseri umani, che si ritiene padrona di territori e di persone a cui, con la intimidazione e la violenza, può imporre le proprie pretese”.
Lo confesso, non so dirvi esattamente se siamo in presenza di un romanzo vero e proprio, o siamo invece in presenza di un saggio letterario “spacciato” come romanzo. Di sicurò, però, questo libro è senza dubbio un “manifesto” coraggiosissimo contro la violenza spietata e smisurata della ndrangheta calabrese.
“La vera protagonista del romanzo è Rosa, ma l’altra figura importante è rappresentata dal magistrato donna che, con la fermezza e la sensibilità che solo una donna può avere, conduce Rosa nella direzione giusta. Daniela Rovida è un magistrato che ama il proprio lavoro e che ama la Calabria. Studia le persone, le analizza e cerca di arrivare ai sentimenti. Nella mia esperienza professionale ho cercato di usare lo stesso metodo”.
Dico di più, questo di Marisa Manzini è un libro che andrebbe adottato nelle scuole, perché questo messaggio di “ribellione alla ndrangheta” possa finalmente rimbalzare dalle aule scolastiche nelle case e nelle famiglie di questa nostra realtà, ancora così fortemente provata e soffocata dalla delinquenza organizzata.
Già nel suo libro precedente “Donne custodi donne combattenti. La signoria della 'ndrangheta su territori e persone” (Rubbettino anche questo), il magistrato ci aveva spiegato e in maniera chiarissima questo concetto, e cioè che la 'ndrangheta si insinua, in modo silente, all'interno dell'economia, controlla il territorio su cui opera ed esercita la "signoria" su cose e persone. Lo studio delle relazioni interne alle famiglie 'ndranghetiste consente di affermare che la prepotente signoria esercitata dalla mafia calabrese si estende anche alla vita delle donne di famiglia, quelle donne che troppo spesso divengono strumento dell’organizzazione.
“Il cambiamento, allora – scrive Marisa Manzini- potrà avvenire solo se, dall'interno della famiglia, la componente femminile, che tramanda i sub valori mafiosi, rifiuterà tale compito e se le donne strumento si trasformeranno in donne combattenti”.
Ne sono convinto anch’io, tutto questo a lungo andare potrebbe anche produrre effetti fondamentali e positivi nella lotta alla ndrangheta, ma questo Marisa Manzini lo sa meglio di chiunque altro, lei che per lunghe stagioni della sua vita è stata nel mirino delle cosche calabresi, lo è stata prepotentemente e davvero, completamente sola nel chiuso della sua procura con accanto solo i suoi uomini di scorta, senza mai cedere però di un solo istante nella sua “caccia all’uomo”. Una donna di Stato a 360 gradi.
“Vorrei che si capisse – spiega con grande lucidità la stessa Marisa Manzini- che la ndrangheta è un problema che riguarda tutti e che, come a Giuseppe, nel romanzo padre di Rosa e di Francesco, persona per bene ed onesta, è stata travolta l’esistenza a causa delle scelte sbagliate dei propri figli, così può travolgere, da un momento all’altro, l’esistenza di chiunque”. Come darle torto?
Ci sono pagine e pagine di questo libro che emozionano, che letteralmente ti avvolgono, perché sono di una forza espressiva al di sopra di ogni regola letteraria, ricche di una forza e di una intensità che rischiano di confondere chi legge. Mi chiedo, ma sarà tutto vero?
Insomma, c’è di tutto e di più in questo terzo libro di Marisa Manzini, una confessione pubblica del proprio ruolo e del proprio lavoro, un racconto a tratti anche impietoso di cosa è oggi una donna di Stato da queste parti, dei sacrifici a cui è quotidianamente sottoposta, delle rinunce condivise con la sua sfera più privata, una vera e propria lettera-aperta alle donne di Calabria e ai calabresi che 40 anni fa l’anno accolta per l prima volta a Lametia Terme, lei ancora giovanissima vincitrice di concorso, convincendola poi a restare per sempre.