Mattarella, “Riforma Csm ineluttabile”. Ma per la magistratura si pone un problema etico

La Scuola Superiore della Magistratura di Scandicci compie dieci anni di vita e l’occasione serve al Capo dello Stato per ricordare che “La scuola è il luogo privilegiato per percorsi formativi idonei a favorire il consolidamento della preparazione professionale”. Una vera e propria lezione magistrale del Presidente Mattarella sullo stato della giustizia in Italia, presente lo stesso Ministro della Giustizia Marta Cartabia.

di Pino Nano
Sabato 27 Novembre 2021
Firenze - 27 nov 2021 (Prima Pagina News)

La Scuola Superiore della Magistratura di Scandicci compie dieci anni di vita e l’occasione serve al Capo dello Stato per ricordare che “La scuola è il luogo privilegiato per percorsi formativi idonei a favorire il consolidamento della preparazione professionale”. Una vera e propria lezione magistrale del Presidente Mattarella sullo stato della giustizia in Italia, presente lo stesso Ministro della Giustizia Marta Cartabia.

Il Presidente Sergio Mattarella conosce bene il mondo della giustizia italiana, e da vecchio professore universitario non conosce nessuna mediazione possibile quando si affrontano i temi più spinosi che oggi attraversano la magistratura italiana tutta.

“Non sfugge a nessuno come due temi si affianchino in maniera non eludibile: da un lato la questione etica, dall'altro il ruolo significativo che la Magistratura riveste nell'ambito dello sforzo che la Repubblica sta compiendo per raggiungere gli obiettivi delineati nel Piano di ripresa e resilienza”.

Nessuno meglio del Capo dello Stato è perfettamente consapevole che la magistratura stia attraversando una crisi epocale, che è crisi di immagine e di credibilità esterna soprattutto.

“Le vicende registrate negli ultimi tempi nell’ambito della Magistratura non possono e non devono indebolire l'esercizio della “funzione giustizia” - essenziale per la coesione di qualunque società, anche della nostra comunità – attività, del resto, svolta quotidianamente, con serietà, impegno e dedizione, negli uffici giudiziari. Se così non fosse, ne risulterebbero conseguenze assai gravi per l'ordine sociale e un nocumento per l’assetto democratico del Paese. Ma occorre un ritrovato rigore”.

In questo, la Scuola della Magistratura svolge un ruolo fondamentale per il Capo dello Stato.

“Alla Scuola compete, in questa congiuntura, imprimere impulso alla consapevolezza di ogni magistrato dell'etica che deve accompagnarlo, dalla quale non si può prescindere per assicurare al cittadino la doverosa qualità e credibilità dell’Ordine giudiziario”.

Per il Presidente Mattarella “Anche la garanzia della sua indipendenza – elemento irrinunziabile nel modello della Costituzione - risiede nel prestigio che gli viene riconosciuto e, quindi, anzitutto nella coscienza dei cittadini”.

Mattarella non cede di un passo sui temi etici e deontologici della magistratura.

“La Magistratura è chiamata, in questo periodo, a rivitalizzare le proprie radici deontologiche, valorizzando l’imparzialità e l’irreprensibilità delle condotte individuali, rifuggendo dalle chiusure dell’autoreferenzialità e del protagonismo”.

Ma le condizioni per riscoprire questo anelito di trasparenza e di correttezza istituzionale non possono non passare dal CSM, che per il Capo dello Stato va immediatamente riformato.

“L’attività del C.S.M., sin dal momento della sua composizione, deve mirare a valorizzare le indiscusse professionalità su cui la Magistratura può contare, senza farsi condizionare dalle appartenenze e dedicando particolare attenzione anche alla promozione della parità di genere. Il dibattito sul sistema elettorale dei componenti del Consiglio superiore deve ormai concludersi con una riforma che sappia sradicare accordi e prassi elusive di norme che, poste a tutela della competizione elettorale, sono state talvolta utilizzate per aggirare le finalità della legge”.

Sui tempi della riforma il Capo dello Stato fissa paletti insormontabili.

“È indispensabile che la riforma venga al più presto realizzata, tenendo conto dell'appuntamento ineludibile del prossimo rinnovo del Consiglio superiore.Non si può accettare il rischio di doverne indire le elezioni con vecchie regole e con sistemi ritenuti da ogni parte come insostenibili”.

Il messaggio è chiaro e forte.

“All’Ordine giudiziario compete un ruolo primario per affrontare una fase complessa sotto molteplici aspetti, che può essere superata concentrando gli sforzi sui traguardi comuni da raggiungere. Di questa fase, la Magistratura è, a sua volta, una protagonista”.

Ma non bastano solo le risorse aggiuntive.

“Occorre un significativo mutamento nelle modalità di svolgimento del lavoro giudiziario con l’adozione di un modulo organizzativo basato sulla collaborazione e sul confronto con altre figure. Il coraggio del cambiamento è la sfida di fronte a cui si trova il nostro Paese, Magistratura inclusa. Sono convinto che si tratti di una sfida che essa saprà raccogliere, manifestando l’indubbia volontà di essere all’altezza della funzione essenziale che l’ordinamento democratico le attribuisce, ottenendo la fiducia che questa funzione merita.

E qui il Capo dello Stato ridiventa fine giurista, quello che in fondo è sempre stato.

“L'esercizio della giurisdizione è stato sempre influenzato dalle sensibilità del contesto storico-sociale. Pertanto oggi, ancor più che in passato, le decisioni della Magistratura devono essere “comprensibili e riconoscibili” e, per essere tali, vanno improntate ai canoni costituzionali della ragionevolezza e dell’equità, valori che devono guidare nel giudizio”.

Ai giovani magistrati va inculcato un principio solenne, che è quello della responsabilità e della consapevolezza. Il richiamo di Sergio Mattarella a tutto questo è fortissimo.

“L’intervento della Magistratura comporta sempre delle conseguenze. La preoccupazione di esse non può determinare o frenare l’azione giudiziaria. È proprio tale consapevolezza a dover guidare il magistrato nell’applicazione della legge, che va calibrata per le implicazioni del caso concreto sia sul singolo che sull’intero tessuto sociale. Va sempre avvertita appieno la necessaria e delicatissima responsabilità – affidata dalla Repubblica - di iniziative o di decisioni che incidono sulla vita e sulla dignità dei cittadini. Ciò deve valere in ciascuna fase processuale, non soltanto in quella della deliberazione conclusiva”.

Da una lezione all’altra.

“L’applicazione delle norme va sempre responsabilmente orientata ad assicurare una risposta giudiziaria puntuale, che consideri le varie esigenze, senza perdere di vista il loro contesto e l’interesse generale in cui incidono. Per questo il giudice è chiamato a conoscere il fatto e le norme, e saper inquadrare la specificità e la complessità del caso alla luce dei principi costituzionali”.

Attenti però a non strafare, o a pensare che solo perché si è magistrati tutto sia possibile e consentito.

“Queste prerogative- conclude il Capo dello Stato- non possono mai essere intese come una legittimazione per ogni genere di iniziativa o di decisione, ma rappresentano la difesa da influenze esterne affinché il magistrato utilizzi il suo bagaglio culturale per assicurare la più efficace attuazione del diritto”.

Davvero magistrale la conclusione del Presidente Mattarella.

Interpretazione non può voler dire né arbitrio né, tanto meno, una mera esercitazione intellettuale: è sempre la norma - correttamente inserita nella cornice valoriale delineata in Costituzione - a dover perimetrare l’ambito di riferimento della giurisdizione per l’affermazione del diritto e della giustizia.

 


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