Nicola Gratteri & Rocco Turi, 27 anni fa la prima lezione antimafia del magistrato all’Università di Cassino

Ore 11 del 19 aprile 1993, all’Università di Cassino il Procuratore Nicola Gratteri tiene la sua prima lectio magistralis sulla “lotta alla mafia”

di Pino Nano
Giovedì 23 Gennaio 2020
Catanzaro - 23 gen 2020 (Prima Pagina News)

Ore 11 del 19 aprile 1993, all’Università di Cassino il Procuratore Nicola Gratteri tiene la sua prima lectio magistralis sulla “lotta alla mafia”

Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica a Catanzaro e magistrato ormai di respiro davvero internazionale, per i riflessi mediatici soprattutto delle sue ultime inchieste, l’ultima delle quali pari soltanto al maxiprocesso di Giovanni Falcone istruito venti anni fa a Palermo, diventa oggi quasi “oggetto di culto” da parte di analisti e studiosi alla ricerca dei mille risvolti inediti della sua vita da magistrato della Repubblica.

Uno di questi analisti più attenti del “fenomeno-Gratteri” è il sociologo calabrese Rocco Turi, da lunghi anni ormai cittadino del mondo, e soprattutto cittadino abituale di Szombathely, la città più antica dell'Ungheria, capoluogo della provincia di Vas, siamo praticamente nel cuore dell'Alpokalja, esattamente a metà strada fra i Monti Kőszeg e il fiume Rába, dove lo studioso trascorre ormai gran parte della sua vita.

E da questo “angolo di paradiso ungherese”, come lui lo definisce, Rocco Turi decide di raccontarci oggi un Nicola Gratteri assolutamente inedito, che lui ha conosciuto personalmente agli inizi degli anni 90, proprio per via delle sue ricerche sul campo, e con cui ha “ragionato a lungo” della complessa e contorta “dinamica” che muove le file delle mafie nel mondo.

“Oggi mi piace molto ricordare - racconta il sociologo - la prima conferenza universitaria del dr. Nicola Gratteri, allora ancora giovanissimo sostituto procuratore, nata proprio nella sua stanza di lavoro al Tribunale di Locri. Era il 1993 e a Locri quel giorno stava per essere organizzato un collegamento TV in diretta con una trasmissione pomeridiana della Rai, collegamento legato a un fatto di cronaca per il quale il magistrato calabrese era stato diretto protagonista. Già allora e da più parti, ricordo, si avvertiva nei suoi confronti il tentativo di isolarlo, di metterlo da parte, di tenerlo lontano dal mondo dei media che più contavano, e tutto questo era abbastanza palpabile ed evide

nte, nonostante già allora lui fosse ormai abbastanza conosciuto per via di alcune sue inchieste coraggiose completamente fuori dagli schemi rituali, una per tutte l’inchiesta che portò agli arresti dei vertici della Cassa di Risparmio, vera e propria tempesta per il mondo politico di quegli anni”. Di quel giorno a Locri nella stanza di lavoro di Gratteri, Rocco Turi ha ricordi precisi e dettagliati: “Ricordo che quel giorno, nel suo ufficio, partecipai personalmente alla fase di preparazione del collegamento televisivo di Rai2, e fu in quell’occasione che raccolsi da lui anche lo sfogo e l’amarezza per la disattenzione che in quel periodo i grandi giornali avevano dedicato alle sue inchieste più coraggiose e, per certi versi, anche assai destabilizzanti.

Il senso profondo della sua amarezza e la percezione della sua solitudine, fu questo che mi spinse a invitarlo all’Università per la quale allora io lavoravo. Lui era già allora sotto scorta, guardato a vista giorno e notte, ma nonostante questa difficoltà oggettiva e reale gli proposi di tenere una conferenza alla Facoltà di Lettere e Filosofia all’Università degli Studi di Cassino, proprio nel corso delle mie lezioni di “Psicologia e Sociologia della devianza”.

Invito accettato. Il 19 aprile del 1993 alle undici in punto il giudice Nicola Gratteri sale in cattedra all’Università di Cassino (a destra nella foto in alto accanto al prof. Michele Riverso e allo stesso Rocco Turi) per tenere la sua prima vera “lectio magistralis” sulla lotta alla mafia.

-Come andò quella sua prima volta?

“Non poteva andare meglio. La sala era affollatissima di studenti, e mai come quel giorno all’Università di Cassino si parlò così tanto del rapporto forte che già allora esisteva tra mafia-politica. Una sola amarezza: a raccontare quel momento furono il giorno dopo davvero in pochi, e ricordo che i giornali dell’epoca furono davvero molto parchi di informazioni sull’argomento, preferirono invece dare molto spazio al tema dei pentiti, che era molto attuale per la verità, ma meno intrigante e forse meno ingombrante del rapporto stato-mafia o mafia e politica”.

-Fu la vostra una esperienza isolata?

“Assolutamente no. Fu tale il successo di quella prima manifestazione, come si evince dalle immagini del filmato che ho recuperato, che l’anno successivo lo invitai di nuovo per una seconda lezione magistrale: questa seconda volta ci ritrovammo in una sala molto più ampia e più adeguata della prima, degna del personaggio, la grande “Aula Pacis” della mia Università.

Il nostro incontro venne ripreso in maniera integrale da TELECASSINO - che era la TV locale più vista in provincia - e subito dopo la messa in onda del servizio giornalistico che Telecassino ci aveva dedicato consegnai la registrazione di quel giorno al procuratore, volevo che conservasse lui, che la custodisse nel suo archivio più privato, perché immaginavo già allora che prima o poi sarebbe diventato un documento storico, non solo per la vita personale di Nicola Gratteri ma soprattutto per la storia dell’Università di Cassino”.

-Come andarono a finire questi primi due incontri con i suoi studenti?

“Non potevo sperare di meglio. Nel corso dei incontri che il dr. Gratteri tenne in Ciociaria, i miei studenti riuscirono davvero a dare il meglio di sé stessi, e lo fecero attraverso un’interattività sulla quale il sostituto procuratore di Locri trovò terreno fertile nelle sue lezioni, e i cui concetti fondamentali avrebbero poi trovato conferma negli anni successivi”.

-Lei dice “Dopo Cassino” Gratteri prende il volo: cosa vuol dire esattamente?

“Non mi fraintenda. Molto più semplicemente, dopo l’esordio all’Università di Cassino, per il procuratore Gratteri iniziò ad aprirsi una nuova fase, e le conferenze a cui venne poi invitato si moltiplicarono a vista d’occhio, giorno per giorno, mese per mese, quasi come una reazione a catena, convegni scolastici, summit universitari, dibattiti televisivi, locali, nazionali, e poi anche internazionali. Cosa che in parte io speravo che accadesse, ma che non era facile prevedere o immaginare per come poi realmente è accaduto”.

-Per voi due ci fu anche un “Dopo-Cassino?”

“Vede, la nostra collaborazione negli anni successivi è proseguita, scandita da lunghe chiacchierate, anche da lunghe interviste che, lette oggi a posteriori, sono prodromiche del suo fiuto e della sua lungimiranza; con reciproci studi approfonditi delle sue indagini e analisi sul crescente fenomeno della ‘ndrangheta.

Se oggi dovessi dare di lui un giudizio freddo e spietato, visto così da lontano da dove in parte vivo, direi molto semplicemente che il procuratore Nicola Gratteri è oggi il magistrato numero-uno in Europa. Le sue inchieste e il suo coraggio non meritano altri commenti, anche perché si correrebbe il rischio di essere fraintesi, è facile salire sul carro dei vincitori, cosa che non è mia intenzione fare”.

-Quanto è durata la vostra amicizia?

“Abbastanza per rafforzare il nostro rapporto di amicizia e di stima reciproca. C’è un concetto che allora era caro a Nicola Gratteri, e che io poi col tempo ho maturato e metabolizzato abbastanza bene, facendolo anche mio: non serve farsi gli auguri il giorno di Natale o a Pasqua per essere veri amici, gli amici se in realtà tali sono non si perdono mai, nonostante i lunghi silenzi della vita di ognuno di noi. Non crede? A noi è capitato che ad un certo punto le nostre strade si separassero, soprattutto a causa dei miei impegni di lavoro e di ricerca, dedicati al Caso Aldo Moro, progetto per il quale il Governo italiano e il Consiglio Nazionale delle Ricerche proprio in quegli anni mi avevano affidato l’incarico di seguire ipotesi di indagini alternative all’estero. Dedicai a quel progetto di ricerca ogni attimo delle mie giornate, con lo spirito di onorare al massimo il compito ricevuto dal Governo del mio Paese, ma questo mi allontanò molto dalla Calabria e dai miei vecchi amici di allora”.

-Come andò a finire la sua ricerca?

“Vuole sapere se sono arrivato a delle conclusioni finali? La risoluzione vera del caso Moro, se vuole conoscere fino in fondo il mio lavoro di ricerca, la trova tutta nel libro che ho scritto “Gladio Rossa, una catena di complotti e delitti, dal dopoguerra al caso Moro”, pubblicato nel 2004 per i tipi di Marsilio”.

-Un libro vero insomma?

“Vogliamo chiamarlo molto più semplicemente un libro fantasma?”

-Professore, cos’è, l’ennesima provocazione culturale? “E’ solo una storia dei giorni nostri, per giunta vera dall’inizio alla fine, e che solo in pochi conoscono ancora fino in fondo. Ricorda quando a scuola ci venivano raccontate le storie di antiche condanne al rogo? Al mio libro è accaduto esattamente questo. Dopo il lancio ufficiale e la pubblicazione del volume, un giorno ricevetti da parte della Casa Editrice una lettera con cui mi venivano restituiti tutti i diritti d’autore per quello che era stato già venduto, ma da quel giorno il mio libro sparì per sempre nel nulla, persino il titolo venne cancellato, o meglio eliminato dal catalogo ufficiale della Marsilio. Credo sia stato un caso unico al mondo”.

-Cosa crede di avere oggi in comune con il Procuratore Gratteri?

Perché ha riscoperto questa sua prima lezione universitaria? “Semplice, perché mi sento molto simile al procuratore di Catanzaro. Se non altro abbiamo lo spirito, la stessa voglia di capire, la stessa curiosità di conoscere il mondo e gli uomini, cosa che sia lui che io facciamo da sempre dedicando alle cose in cui più crediamo ogni attimo delle nostre giornate.

Il mio lavoro è certamente diverso dal suo, il suo è molto più complesso e articolato, Nicola Gratteri ormai è una vera e propria icona del sistema giudiziario italiano, ha seguito le sue indagini mettendoci dentro anima e corpo, ed è evidente che, in Italia, tutti coloro che si impegnano con onestà e rigore morale alla propria mission debbano anche trovarsi costretti a remare contro marosi nemici e parassiti di ogni genere.

La cosa che mi più riempie invece di gioia personale è il poter constatare, almeno dai risultati delle sue inchieste e dal modo come lui stesso le racconta in televisione, che il Procuratore delle Repubblica di Catanzaro, oggi come ieri, ha la stessa energia e lo stesso entusiasmo per il suo lavoro che aveva quando era ancora un giudice-ragazzino, oggi forse con una capacità in più - della quale nessuno fino a ora ha mai parlato - e che è quella di aver saputo scegliere collaboratori di elevata professionalità intuitiva, servitori dello Stato maturati accanto a lui, cresciuti con lui, o allevati dai grandi maestri della nostra security nazionale, piuttosto invece che servirsi di abnormi competenze scaturite magari dalla visione infantile di film americani e fiction televisive come, purtroppo, accade spesso in questo nostro Paese.

Tutto questo ha decretato poi il grande successo planetario di questi giorni. In Ungheria come in Austria, come in Germania, come in Polonia, come in Russia, mi creda, il nome di Gratteri per questi paesi ha la stessa familiarità di un Capo di Governo, e questo la dice lunga sulla fiducia che l’Europa riversa in lui. Se lei lo dovesse incontrare prima di me, gli dica pure che non ho mai smesso di seguirlo, anche se da lontano ormai, e di ammirare le cose che fa”.

Per saperne di più, di come Nicola Gratteri era trent’anni fa, di cosa pensava, e di come si muoveva, basta riguardarsi il video che il giornalista Gregorio Corigliano firmò allora per il TG di Rai Calabria, e che oggi Rocco Turi ha postato sul suo  sito per capire che “è come se il tempo si fosse fermato alle undici del 19 aprile del 1993”, nonostante da quel giorno siano trascorsi ormai 27 lunghi anni di vita reale.


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