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Il docufilm sul bambino statunitense, vittima a sette anni di un assassinio sull'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria mentre era diretto in Sicilia durante un viaggio in Italia con la famiglia torna di grande attualità grazie ad un progetto firmato da Carmen Vogani e Lorenzo Avola. Sono 30 anni da allora.
Il docufilm sul bambino statunitense, vittima a sette anni di un assassinio sull'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria mentre era diretto in Sicilia durante un viaggio in Italia con la famiglia torna di grande attualità grazie ad un progetto firmato da Carmen Vogani e Lorenzo Avola. Sono 30 anni da allora.
‘Effetto Nicholas’ -spiega Carmen Vogani, brillantissima autrice insieme a Lorenzo Avola del programma che andrà in onda venerdì in prima serata su RAI2- è una scelta di campo”.
-Carmen, perché parla di una “scelta di Campo”?
“Perché il nostro è un documentario che promuove la cultura della donazione degli organi raccontando una storia iconica che ha commosso l’Italia, ma che soprattutto ci ha interrogato come cittadine e cittadini sul tema della donazione”:
-In che senso lo dice?
“Trent’anni fa, quando Nicholas è stato ucciso, l’Italia era fanalino di coda per numero di consensi alla donazione. Poi c’è stata una rivoluzione culturale. Merito dei genitori di Nicholas, Reginald e Margaret, che hanno trasferito una lezione di generosità al nostro Paese, merito anche della televisione che ha fatto da cassa di risonanza”.
-Carmen posso chiederle come nasce questo suo progetto?
“L’ho scelta perché questa storia mi riguarda per fatto personale. Un anno dopo Nicholas, nel 1995, mio padre ha avuto un trapianto di cuore. Ero una bambina che stava molto davanti alla televisione, e ricordo i reportage che RAI Calabria in quei giorni mandava in onda su tutte le reti. Non c’era solo il racconto della tragedia del piccolo Nicholas, c’era anche, e direi forte e chiara, la storia della rinascita dei trapiantati.
-Bello quello che dice…
“Diciamo che trent’anni dopo io ho voluto fare la mia parte, nella speranza di ispirare quei “Sì” alla donazione che salvando la vita a una persona, salvano famiglie intere”.
-Un film nato per caso, possiamo dirlo?
“Nasce tutto da un’occasione: il ritorno in Italia dei coniugi Green, trent’anni dopo la morte di Nicholas. Il documentario ha questa linea orizzontale che è proprio il viaggio dalla California al nostro Paese e viceversa, tutto avviene sotto le nostre telecamere che si muovono tra la dimensione pubblica e quella privata di questi due genitori straordinari. La storia di Nicholas - l’omicidio, il processo, la scelta di donare gli organi -, si intreccia alla storia dei trapianti, con le testimonianze dei donatori e dei riceventi di oggi. Perché “l’effetto Nicholas” ha una coda lunga”.
-Un film complesso immagino?
“Comincio da cosa è stato più difficile: tenere in equilibrio l’aspetto commovente di questa storia con la necessità di informare, normalizzando il racconto dei trapianti con un linguaggio rigoroso ma caldo. La cosa più semplice è stata la relazione con gli intervistati, avevano tutti contezza del valore di questo racconto”.
-Colgo in lei tanta emozione?
“La storia l’avevamo già studiata, siamo partiti direttamente dalla scelta degli intervistati. Alcuni li abbiamo individuati dagli archivi Rai, altri attraverso i ricordi della famiglia Green, sono tutte figure centrali. Fin dalle prime fasi abbiamo collaborato con il Centro Nazionale Trapianti e il suo direttore, il dottor Giuseppe Feltrin, per avere fonti dirette sul tema”.
-Vuole dire grazie a qualcuno?
“Il documentario l’ho ideato e realizzato insieme all’autore Lorenzo Avola, con la regia di Edoardo Anselmi e il montaggio di Simone Mele, ma è stato davvero un lavoro di squadra. Come al cinema, nessuno dovrebbe riaccendere le luci prima che sia comparso l’ultimo nome sui titoli di coda. Se togli anche solo uno di quei nomi, crollano le fondamenta del documentario. Le idee non sono di chi le ha avute, sono di chi le fatte camminare sulle proprie gambe”.
-Prima serata su RAI2, mi pare un grande successo per lei e il suo team?
“Lo stato di salute dei documentari in Italia è, come dire, malaticcio. Pochi investimenti, ancora meno spazi. Quando ho proposto il documentario ai produttori Leonardo Pasquinelli e Francesco Pincelli di Endemol Shine Italy, è stato subito: “Facciamolo!”. Rai Documentari ci ha creduto con lo stesso entusiasmo. Non è così scontato che le storie immaginate prendano forma. Vedi? Torna il principio che le idee non bastano. Serve visione e investimento. Credo di essermi trovata nel posto giusto al momento giusto, e sono grata. Profondamente”.
-Se lei dovesse raccontarsi come lo farebbe?
“Metà vita nella provincia di Reggio Calabria, l’altra metà a Roma. Da giornalista ho iniziato scrivendo di cronaca per lo storico giornale Paese Sera, poi ho scelto il suo primo vero grande amore: la televisione. A Rai2, con la trasmissione ‘Nemo. Nessuno Escluso’, ho sperimentato il linguaggio della docu. Esperienza del cuore: ‘Tu non sai chi sono io’ (Raiplay), una serialità sugli adolescenti. Da lì la strada dei documentari, molti prodotti per Warner Bros Discovery (‘Mafia connection’ e ‘Il Celeste’, alcuni dei titoli)”.
-Oggi dunque Carmen Vogani torna su Rai2 con ‘Effetto Nicholas’ prodotto dalla Endemol Shine Italy. Progetti futuri?
“Progetti futuri “top secret” per contratto, si può dire però che la strada dei documentari continua, e che ho buttato un occhio sul cinema. Oggi scrivo per la rivista ‘Donne Chiesa Mondo’. Nel tempo libero, sono anche un attivista antimafia per l’Associazione daSud di cui sono vice presidente”.
-In bocca al lupo allora.
“Viva il lupo”.