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Focus anche sulle direttive europee per il terzo settore in sanità e il modello italiano.
Focus anche sulle direttive europee per il terzo settore in sanità e il modello italiano.
Si è conclusa la sesta edizione di Welfair – La fiera del fare Sanità, organizzata da Fiera Roma e B-Sanità by experience, svoltasi a Fiera di Roma dal 4 al 7 novembre 2025.
Un momento di confronto, analisi, riflessioni e spunti che ha visto riunirsi nella capitale italiana direttori generali, partner istituzionali, esperti, aziende, società scientifiche e stakeholders che hanno discusso di temi prioritari sul funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale.
La ricerca pediatrica rappresenta un investimento strategico per la salute pubblica in quanto il miglioramento della qualità e sostenibilità dell’assistenza in ambito pediatrico, anche nell’ambito della medicina di complessità e delle malattie rare, ha ricadute concrete e di lungo periodo sul benessere e produttività della società.
Queste le parole di Claudio Pignata - Past President Società Italiana Ricerca Pediatrica (SIRP); Professore Ordinario di Pediatria, Università Federico II, Napoli: “In Italia la nostra rete di centri dedicati alle immunodeficienze conta circa 60 strutture. Tuttavia, solo 7 di questi gestiscono un numero di pazienti con immunodeficienza congenita superiore a 150, il che testimonia una competenza e un’esperienza particolarmente sviluppate. Questi sette centri principali sono distribuiti in diverse regioni italiane. L’obiettivo della nostra rete è diffondere conoscenze e competenze su tutto il territorio, fino a raggiungere almeno un centro di riferimento per ogni regione. Non serve averne molti, ma è fondamentale che ce ne sia almeno uno con l’expertise necessaria per effettuare diagnosi accurate e avviare le terapie appropriate”.
Il Terzo Settore in Italia rappresenta da sempre una forza fondamentale per il territorio e per la popolazione, caratterizzato da solidarietà e prossimità. Oggi si apre la possibilità di un’evoluzione del suo ruolo: passare dalla spontaneità e dal volontariato a una forma più strutturata e istituzionalizzata, con finanziamenti mirati e criteri chiari di selezione.
Anna Cinzia Bonfrisco, già Europarlamentare e Paolo Ciani - Deputato, Intergruppo Parlamentare per l’Invecchiamento Attivo- spiegano come valorizzarlo. Anna Cinzia Bonfrisco, già Europarlamentare, ha detto: “Il percorso per valorizzare il Terzo Settore è già tracciato dall’Europa, a partire dal principio di sussidiarietà sancito nei trattati: il Terzo Settore non acquisisce un nuovo ruolo, ma continua un ruolo storico, che ha svolto da sempre. L’Italia possiede secoli di esperienza nel volontariato e nel lavoro dedicato al prossimo, un know-how unico da valorizzare.
La componente economica, pur non essendo la più importante, resta necessaria: servono strumenti finanziari, nuovi o tradizionali, per sostenere i processi di cambiamento. Lo sviluppo sostenibile va inteso soprattutto come sviluppo sociale, in cui il Terzo Settore non è solo erogatore di servizi, ma protagonista, avendo già dimostrato sul campo la propria efficacia. Occorre istituzionalizzare questo ruolo; in tal senso, il Governo ha compiuto un salto di qualità con il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica – oggi CIPES – che assegna risorse anche in chiave sociale.
Per il successo di questo processo, tutti i ministeri devono essere coinvolti, secondo il principio europeo di One Health, che collega salute ambientale, benessere animale, equilibrio sociale e individuale, riconoscendo il valore del Terzo Settore in ogni dimensione della vita dei cittadini”.
Paolo Ciani - Deputato, Intergruppo Parlamentare per l’Invecchiamento Attivo, ha dichiarato: “Il terzo settore ha un radicamento storico nelle nostre città e nel nostro Paese: è una peculiarità tutta italiana rispetto ad altre realtà europee e mondiali, ed è una grande forza del nostro sistema. Valorizzarlo dovrebbe essere una priorità per lo Stato e per gli enti pubblici, perché si tratta di risorse a cui spesso si ricorre quando serve flessibilità e vicinanza alle situazioni, ma a cui non sempre viene riconosciuto un ruolo reale nella progettazione e nel pensiero strategico.
Credo che lo sforzo delle istituzioni debba essere proprio questo: realizzare una mappatura seria della presenza del terzo settore e, in base al lavoro che svolge, individuare modalità concrete per sostenerlo.”
“L’intelligenza artificiale è un valore; è uno strumento che migliora e potenzia l’analisi dei dati. Quando parliamo di Sistema Sanitario parliamo di milioni e milioni di dati dei pazienti. Ovviamente per avere valore l’Intelligenza artificiale deve essere governata, controllata e implementata secondo misure di sicurezza perché il paziente deve essere aiutato da uno strumento che sia rispettoso dei suoi diritti fondamentali. L’intelligenza artificiale in fase operativa aiuta già alcuni medici nella redazione dei referti, quindi accelera la produzione documentale da parte del medico. Una delle sue più grandi applicazioni è nella diagnostica per immagini dove riesce a captare segnali e indizi di determinate patologie aiutando il medico a una migliore valutazione. Attualmente sta facendo grandi passi anche nella prognosi delle malattie oncologiche”.
Giuseppe Ippolito -già Direttore scientifico INMI Spallanzani e Direttore Generale della ricerca Ministero della Salute, ha detto: “Gli IRCCS devono essere parte di un sistema nazionale della ricerca fondato su regole certe di valutazione e finanziamento, con verifiche ex ante ed ex post. Oggi la ricerca attraversa una fase complessa: assistiamo a tagli negli Stati Uniti e a una visione europea che orienta i fondi anche verso il dual use. In questo contesto, la ricerca sanitaria deve produrre benefici concreti per le persone, non restare un esercizio teorico.
I finanziamenti del Ministero della Salute devono diventare un volano per il trasferimento tecnologico, affinché gli investimenti del PNRR e del Piano di Coesione non si disperdano. In Italia mancano brevetti e coordinamento tra le diverse fonti di finanziamento — ministeri, regioni, fondazioni, aziende — e senza una regia unica la ricerca non può crescere.
Serve un modello stabile di coordinamento tra università, sviluppo economico e salute, oltre a un’anagrafe nazionale dei progetti e dei fondi: solo così la ricerca potrà davvero innovare e arrivare ai cittadini.”
Maria Cristina Messa -Direttore Scientifico della Fondazione Don Gnocchi e già Ministro dell’Università e della Ricerca, ha dichiarato: “Gli IRCCS rappresentano una rete solida della ricerca scientifica italiana: oggi sono oltre cinquanta, distribuiti in quasi tutte le regioni, con una forte concentrazione in Lombardia. Negli anni hanno raggiunto alti livelli di eccellenza, contribuendo allo sviluppo di nuove terapie e farmaci.
Ora però è necessario aiutare questi istituti a compiere un vero salto verso l’innovazione. Molti si fermano alla pubblicazione o al brevetto, che spesso non viene valorizzato per mancanza di una vera cultura del trasferimento tecnologico. Oggi il passaggio dalla ricerca al prodotto è molto più rapido, e le regole della pubblica amministrazione dovrebbero adattarsi per favorire questo processo.
Le Regioni hanno un ruolo cruciale: in territori come Lazio, Lombardia ed Emilia-Romagna si sono mostrate sensibili, ma altrove gli IRCCS sono ancora poco considerati o assenti. Serve quindi una collaborazione più efficace tra Stato e Regioni, che consenta di valorizzare la rete nazionale. L’obiettivo resta quello di migliorare le cure per i pazienti, ma anche di trasformare i risultati della ricerca in valore economico, rafforzando la nostra industria e l’intero sistema Paese”.
Tra i momenti più significativi della giornata di lavori di Welfair, il tavolo HealthTech: Intelligenza artificiale e biotecnologie al servizio della medicina, che ha offerto uno sguardo concreto sull’evoluzione della sanità digitale e della ricerca applicata alla longevità.
Queste le parole di Sergio Strozzi - Consigliere – Head of Innovation, Technology and Startups at the Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation of Italy ed ex Console Generale a San Francisco: “Due gli obiettivi del nostro lavoro come Ministero degli Affari Esteri a livello internazionale in campo innovazione: da un lato rafforzare l’immagine del Made in Italy: un Made in Italy high-tech basato sull’eccellenza della nostra ricerca tecnologica, eccellenza che è riconosciuta da molti attori della Silicon Valley, ma dev’essere ulteriormente diffusa. Dall’altro, accompagnare le nostre startup e PMI del settore biotech e scienze della vita nel loro percorso di internazionalizzazione.
Questo obiettivo lo stiamo perseguendo con due misure specifiche: il nuovo Centro Italiano per l’Innovazione e la Cultura Innovit (www.innovitsf.com) a San Francisco e con il Montalcini Global Biotech Tour con cui portiamo le nostre aziende delle biotecnologie nelle maggiori fiere del “life science” internazionali”.
Nel corso del tavolo è stato presentato lo studio a cura del Professor Ennio Tasciotti, Responsabile del Laboratorio di Human Longevity Program dell’IRCCS San Raffaele, The Role of Longevity Medicine in Reforming Primary Healthcare. La ricerca propone una roadmap per integrare la medicina della longevità nei sistemi sanitari pubblici europei, attraverso cliniche di prevenzione basate su biomarcatori validati, piani personalizzati e un approccio multidisciplinare alla salute.
“La longevità in salute non è uno slogan, ma un programma operativo - ha spiegato Tasciotti -. Servono biomarcatori validati, cliniche accreditate e una politica sanitaria che investa prima nella prevenzione e poi nella cura, per allungare la vita in buona salute e ridurre il peso economico della cronicità”.
Nel corso dello stesso incontro, Tasciotti ha acceso l’attenzione anche su un’altra emergenza sanitaria emergente, quella delle micro e nanoplastiche. Al centro di una review italiana pubblicata su Nanomaterials e presentata in anteprima a Welfair, la ricerca mostra come le particelle plastiche possano attraversare la barriera emato-encefalica e accumularsi nel cervello, alterando funzioni neuronali e proteine legate all’invecchiamento cerebrale.
“Le plastiche ambientali non rappresentano più solo una minaccia ecologica, ma anche un potenziale rischio per la salute cerebrale - ha sottolineato Tasciotti -. È il momento di misurare, standardizzare e monitorare l’esposizione umana a micro e nanoplastiche, integrando la dimensione ambientale nei percorsi di prevenzione e riabilitazione neurologica”.
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