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Erano gli anni ’80, e immagino che i cronisti più giovani oggi non sappiamo molto di quella fase così esaltante della vita dei calabresi, ma fu davvero una delle stagioni più vive del mondo del giornalismo calabrese. Non solo calabrese. Ecco la storia di Telespazio Calabria.
Erano gli anni ’80, e immagino che i cronisti più giovani oggi non sappiamo molto di quella fase così esaltante della vita dei calabresi, ma fu davvero una delle stagioni più vive del mondo del giornalismo calabrese. Non solo calabrese. Ecco la storia di Telespazio Calabria.
Gli anni ’80 per Telespazio Calabria, e per il suo fondatore Tony Boemi, sono anni di crescita e di successi importanti. Una mattina la sua segretaria personale -rispondendo al telefono diretto di Tony- sente che dall’altra parte del filo c’è un signore che si chiama Silvio Berlusconi, chiama da Segrate, e vuole parlare con Tony Boemi. Altra pagina storica, questa, della vita di Telespazio.
Silvio Berlusconi, che ha già in mente di costruire a Cologno Monzese il grande polo televisivo privato di Fininvest e Canale 5, tenta di agganciarsi alla catena dei ripetitori che Tony Boemi ha sapientemente costruito al Sud. In realtà spera di soffiare Telespazio ai diretti concorrenti mondadoriani, ma Boemi resiste alle sue lusinghe, e sceglie di rimanere fedele ai suoi vecchi compagni di cordata. Cede così la prima rete a Retequattro, contemporaneamente crea una seconda e una terza rete, Telespazio 2, e Telespazio3, che affida ai suoi più stretti collaboratori, ma presto cede anche questa, e lo fa semplicemente per costruirsi una quarta, e poi ancora una quinta rete TV, dove compare sempre più spesso la figlia più grande, Terry Boemi, una ragazza che a soli 18 anni dimostrava di avere già in televisione i numeri la grinta e la capacità di un vecchio cronista navigato.
Terry Boemi, giornalista stupenda, donna intelligentissima, ragazza grintosa, avvolgente, libera come nessun altro, e soprattutto moderna quanto bastava per diventare presto un personaggio amato e invidiato dal grande pubblico, frutto tutto questo del suo entusiasmo giovanile da una parte, e dei saggi consigli paterni dall’altra. C’è una domanda che mi sono posto per lunghi anni ed è questa: ma chi era in realtà Tony Boemi? Non c’era numero della storica rivista “Millecanali”, che allora dedicava tutto il suo spazio alle TV private, in cui non si parlava di lui, come il vero “Pioniere dell’emittenza privata in Italia”. Chi si nascondeva realmente dietro questa maschera umana così bonaria, sorniona, e così eternamente sorridente, che si presentava in TV con una cravatta rossa e la giacca bleu da vecchio giornalista, e che aveva in tasca sempre qualche ciondolo o qualche gadget da darti in regalo?
Tony Boemi era un personaggio anche in questo, nel saper centellinare con tutti noi che giravamo intorno a lui i mille piccoli dettagli della sua vita privata, del suo passato, quasi si vergognasse -per esempio- di far sapere di essere stato, da ragazzo, un allievo fra i migliori della prestigiosa Scuola Salesiana Aretina. Ma la sua parentesi ad Arezzo durò molto poco. Era ancora giovanissimo, e qui il caso, o forse meglio il destino, gli fece incontrare un giovane di Conflenti. Fu il classico incontro casuale tra ragazzi poveri, che però avevano in comune la stessa maledetta mania per l'elettronica. Assistente radiotelegrafista, Boemi diventò, nel giro di pochissimo tempo, un ottimo radiotecnico, uno dei primi della classe; l'amico di Conflenti immediatamente gli fece intravvedere in Calabria un mercato tutto da scoprire, e da conquistare. Quasi una sfida. Che Tony accettò, senza pensarci due volte. Si trasferisce allora a Catanzaro, e qui incomincia a riparare i primi apparecchi radio, e i pochi televisori che allora c’erano in città, e che Boemi trovava nella case della vecchia borghesia cittadina. Chi lo conosce personalmente incomincia a chiamarlo “U professori”, perché non c'era segreto della tecnica che Tony non sapesse interpretare o risolvere. Sono comunque anni difficili.
Un giorno, decide di provare l’impossibile e di tentare il grande salto nel buio. Si tuffa così in un'impresa che darà presto risultati imprevedibili. Costruisce la sua prima radio portatile, poi unisce la radio ad un mangianastri, e poi ancora aggiunge a questa sua “valigetta” anche il giradischi, creando così i suoi famosi compact, un vero e proprio brevetto per quei tempi. È l’anno in cui ha la grande intuizione di depositare il marchio della sua ditta, e incomincia così a vendere direttamente i suoi prodotti. È il successo assoluto. I suoi apparecchi vanno a ruba, sono gli anni del boom della radio, della canzonetta, dei primi dischi incisi su cassetta. Un anno più tardi, nel '72 si tuffa in un'altra impresa. Si mette a fabbricare laboratori linguistici, e in un anno riesce a venderli nelle scuole di mezza Italia e in alcuni paesi esteri. Ma il carattere esuberante che ha lo spinge a realizzare il suo vecchio sogno. Lavora giorno e notte. Alla fine, annuncia all'amico più fidato che ha, e che si chiama Piero Pulignani, per tantissimi anni indimenticabile e insostituibile direttore operativo e suo braccio destro alla televisione, di aver costruito la prima radio libera di Catanzaro. Serve darle un nome, e Tony decide di chiamarla Radio cento punto cento, dal nome della frequenza su cui trasmetteva.
È così che nascerà in lui questa grande passione per l'etere, un mondo che non conosceva ancora perfettamente bene, ma che voleva conquistare in tutti i sensi e a tutti i costi. La sua prima emittente avrà poca fortuna. Ma è solo il gioco dell'inesperienza. Carattere apparentemente remissivo, paziente fino all’incredibile, disponibile con tutti, nei fatti Tony però riesce anche ad arrabbiarsi, ed anche molto. Ma gli dura poco, poi dimentica tutto. È andata così per anni la sua vita. Per anni le accuse che i suoi critici più malvagi gli rivolgono, è di avere poca professionalità nelle sue “funzioni” e nel suo ruolo di conduttore televisivo, ma lui risponde a tutti in maniera disarmante: “Non è questo il mio vero lavoro, lo faccio soltanto perché mi piace il contatto con la gente, e posso farlo perché la televisione è una mia creatura”.
Da ogni angolo della regione lo chiamano, lo invitano ai dibattiti sull'informazione, lo scambiano per un esperto di comunicazioni di massa, lo chiamano dottore, ma a tutti racconta la storia tristissima della sua infanzia. «Sono figlio della miseria più nera».
I politici lo invidiano, i partiti gli offrono le prime candidature, ma la Camera dei Deputati è roba che non lo interessa. Qualcuno cerca di convincerlo: "Tony sei diventato il vero re di questa regione", dove conta molto l'immagine e dove il culto della personalità produce ancora grandi consensi. Ma lui reagisce, snobbando tutti. Tratta i ministri con la stessa cordialità con cui parla al telefono con la mamma lontana, e discute di politica, con i segretari nazionali che ospita in televisione, con lo stesso atteggiamento disarmante e bonario con cui la gente è abituato a vederlo. Brinda, per la prima volta al successo conquistato, esattamente nello stesso giorno in cui il Presidente dell'Ordine dei Giornalisti del tempo, Raffaele Nicolò, gli comunica di aver accettato la sua domanda di iscrizione all’Albo dei Giornalisti Pubblicisti. Per lui è comprensibilmente un sogno che fino a ieri gli sembrava assolutamente impossibile da raggiungere, ma va avanti negli anni che verranno ancora dopo con la stessa forza del passato, proprio perché è un romantico e crede ancora nei sogni.
Il futuro? Lo immaginava, ricordo, ancora pieno di nuove iniziative. Aveva chiuso il bilancio del 1985 con una cifra record per quei tempi in Calabria, quasi tre miliardi di fatturato reale, confermandosi manager di grande capacità e di grande respiro nazionale. Il segreto? Lui diceva così: “Il segreto del mio successo è la modestia con cui faccio le cose, ed il rispetto enorme che ho sempre avuto per la gente che mi sta davanti”. E proprio per questo, un altissimo dirigente di Canale 5, dopo averlo conosciuto, una volta rientrato a Milano, raccontò a Silvio Berlusconi di quest'uomo simpatico e pacioccone in questi termini: “Attenti, in Calabria c'è un nostro potenziale temibile concorrente. Bisogna trovare il modo per diventare suoi amici. Se Boemi fosse nato a Milano, e avesse qu una struttura come quella che ha in Calabria, ci farebbe fuori dal mercato nello spazio di cinque anni”. Qualcuno a Cologno Monzese se lo ricorda ancora.(4-Segue)