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Bernardo Misaggi, Direttore della Unità Operativa Complessa di Ortopedia e Traumatologia per le Patologie della Colonna Vertebrale all’Ospedale Pini di Milano, e dal 2021 Presidente della Società Italiana di Chirurgia Vertebrale e Gruppo Italiano Scoliosi (SICV&GIS), non solo viene considerato una vera e propria star della Chirurgia Ortopedica in Italia e in Europa, ma da oggi ufficialmente è anche uno dei cittadini “Milanesi più illustri del momento”.
Lo deduco dall’Ambrogino d’Oro che gli assegneranno il 7 dicembre prossimo, giorno del patrono di Milano, appunto Sant’Ambrogio, al Teatro Dal Verme. E a consegnargli questo prestigioso riconoscimento, che ogni cittadino di Milano sogna di ricevere almeno una volta nella sua vita, sarà proprio il sindaco Giuseppe Sala.
Fermiamoci per un momento però.
Dalla nota ufficiale del Comune di Milano tutti i premiati passano per “milanesi doc”. Ma non è così. Almeno nel caso di Bernardo Misaggi. Tutta Milano sa invece perfettamente bene che il “Grande chirurgo ortopedico del Pini” è nato ai piedi dell’Aspromonte. Ma c’era un solo modo forse per dirgli “Grazie” per quello che lui ha rappresentato per la sanità lombarda e per migliaia e migliaia di ammalati arrivati al Pini da ogni parte del mondo, e l’occasione migliore era appunto la consegna del massimo riconoscimento di benemerenza che Milano ogni anno assegna per i suoi figli più illustri.
-Professore raccontiamo allora la sua storia vera?
In realtà io sono calabrese dalla testa ai piedi, e lo sono più di quanto lei stesso o tanti altri possano immaginare”.
-In che senso?
Nel senso che io sono a Milano ormai da quando avevo diciotto anni, sono arrivato a Milano per fare medicina qui all’Università e poi una volta laureato ci sono rimasto tutta la vita. Ma la Calabria è sempre stata la mia vera anima, perché io sono di Marina di Gioiosa Ionica e laggiù ho lasciato i ricordi più belli della mia infanzia.
-Che infanzia è stata la sua?
Meravigliosa, come quella di tutti i bambini che hanno la fortuna di vivere in posti belli come quelli dove io sono nato. E poi, devo dirle anche con una famiglia attorno che non finiva mai.
-Una famiglia importante?
Direi piuttosto una famiglia numerosa. Pensi che a casa di mia madre erano 11 figli, immagini lei quanti zii e quanti cugini circolassero per casa mia a quei tempi.
-E il ricordo più bello della sua infanzia?
La casa dei nonni a Roccella, che poi era stata la mia vera casa natale. Allora le mamme partorivano a casa propria, accanto alla mamma, e mia madre quando io sono nato era a casa dei miei nonni a Roccella.
-Cosa le manca di quei luoghi?
Gli odori, i sapori, la tradizione della lingua, il contatto continuo con gli altri.
-Ci torna di tanto in tanto?
Ci torno puntualmente ogni mese, almeno una volta al mese.
-Come mai così spesso?
Perché dopo essere diventato medico ho capito che in qualche modo avrei potuto essere utile anche alla mia gente e alla mia Locride, e da quando posso farlo almeno una volta al mese faccio ambulatorio in Calabria. L’ho fatto anche a Catanzaro, a Villa Serena, e a Cosenza dove vive oggi mia sorella al Bio Control.
-Leggo sul Corriere della Sera che ha un record personale di interventi anche complessi, oltre 3 mila interventi chirurgici?
Ma non mi aveva detto di voler parlare solo della mia infanzia?
-Sì ma lei a Milano professore è un'icona della chirurgia ortopedica, perché non dirlo?
Importante è che io faccia il mio lavoro sempre bene, e direi anche ai massimi livelli possibili.
-Quanti calabresi le capita di curare ogni anno?
Più di quanto non lo siano i milanesi o i lombardi.
-Non capisco…
C’è un dato che mi inorgoglisce, pensi che io ho trattato e operato all’ospedale Pini di Milano dove lavoro quasi 13 mila pazienti calabresi, e sono molti di più dei cittadini lombardi.
-Colgo un pizzico di fierezza o sbaglio?
La faccio sorridere. Ai miei medici del Pini dico sempre che è fondamentale la ricerca e la cura dei pazienti, ma per quello che mi riguarda è anche essenziale che imparino a conoscere e a capire il dialetto calabrese, tanti sono i nostri pazienti che arrivano ormai dalla Calabria.
-Lei ha ricevuto premi e riconoscimenti in tutto il mondo, posso chiederle quale è il premio a cui è più legato?
Il Pericle d’oro che mi hanno dato anni fa a Gioiosa, e che per me vale moltissimo, perché è il riconoscimento del legame forte che sono comunque riuscito a tenere con la mia terra natale e la mia gente.
-Anni fa lei scrisse una lettera alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen per raccontarle la sanità calabrese, ricordo che usò toni durissimi, le rispose mai?
Mi rispose immediatamente, e mi disse “Ci vediamo a Milano”, e io replicai “Presidente ci vediamo se vuole in Calabria non a Milano”.
-Cos’è la cosa che, come calabrese, l’amareggia di più?
Il fatto che Milano sia piena di eccellenze calabresi, e che oggi Milano sia riconoscente a tutti loro per il contributo determinante che ognuno di noi ha saputo dare a questa grande capitale europea. E poi penso alla mia Calabria, dove invece molte cose sono ancora ferme al punto di partenza, e dove invece in questi anni si sarebbero potute fare vere e proprie rivoluzioni. E’ come se la nostra fosse una terra in parte sfortunata, con un destino beffardo alle spalle e un orizzonte confuso davanti. Lei non crede che sia così?
-Silvio Berlusconi l’avrebbe voluta candidare alla Presidenza della Regione?
Lui in effetti credeva che io potessi tornare da Milano in Calabria e dare un contributo importante alla svolta della regione, ma non tutti hanno compreso lo spirito della sua proposta, e alla fine la scelta finale ha poi preferito altri candidati.
-Come nasce questo suo feeling con il Presidente Berlusconi?
Nel 2004 avevo operato sua mamma e lui da quel momento mi ha voluto bene come se fossi uno di famiglia.
-Auguri Professore, e complimenti per il suo Ambrogino d’oro…
Grazie a voi e saluti infiniti alla mia terra.