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"Ho servito lo Stato", non è altro che il racconto personale e quasi intimo che fa Giovanni Nistri, famosissimo Comandante Generale dei Carabinieri, oggi in congedo, e che ha deciso di raccontare la sua vita di nomade al servizio del Paese alla sua nipotina più piccola.
"Ho servito lo Stato", non è altro che il racconto personale e quasi intimo che fa Giovanni Nistri, famosissimo Comandante Generale dei Carabinieri, oggi in congedo, e che ha deciso di raccontare la sua vita di nomade al servizio del Paese alla sua nipotina più piccola.
Il libro che l’autore, Giovanni Nistri, ha scritto su sé stesso si apre con questa dedica che la dice lunga sul protagonista di questa nostra storia.
“E cosi dici di non avere nemici? Che peccato amico mio, c’è poco da vantarsi; colui che si è gettato nella mischia dei doveri, che spettano ai coraggiosi, deve avere dei nemici; se non ne puoi annoverare, poco ancora ti sei dato da fare”. (Charles Mackay, “Nessun nemico”).
“A dire il vero- spiega l’ex Comandante Generale dell’Arma- dopo in mio congedamento dall’Arma ho resistito per molto tempo alle esortazioni a scrivere un libro avanzate da mia moglie e dai miei due figli. Mio caro, a chi vuole che interessi conoscere la vita professionale di Giovanni Nistri? Non ho compiuto azioni eclatanti, né arrestato superlatitanti né, tanto meno, lanciato sui social polemiche velenose nei confronti del Potere (qualsiasi persona fisica o giuridica o luogo simbolico si voglia individuare con tale vocabolo). D'altro canto, nell'intero mio iter professionale ho sempre evitato volontarie sovraesposizioni mediatiche, anche nella comunicazione interna, a fini acclamatori personali. A ben vedere, un grigio burocrate, o un piatto esecutore della regola, al massimo un boiardo di Stato, peraltro senza alcuna reale capacità di manovra economico-finanziaria, per così dire... extra-bilancio. Questa fu la risposta che di primo acchito diedi quando mi fu proposto di scrivere una sorta di autobiografia, al cospetto di un fumante risotto alla milanese ottimamente cucinato in un bel locale nel centro meneghino, con l'accompagnamento di un intrigante Chardonnay”.
Ma il mio il mio commensale tornò sull’argomento “Non vorrà mica che la sua nipotina, una volta cresciuta, sappia chi era e che cosa ha fatto suo nonno solo navigando sul web e ascoltando qualche spezzone di suoi interventi pubblici su Youtube?”. Ci pensai su. Cosa che ho fatto. Non potevo lasciare che la mia piccola Emma sapesse di me solo tramite la Rete, dove tutto viene amplificato, in senso sia positivo sia negativo, e perciò spesso distorto. Ecco, quella chiacchierata al ristorante fu la molla definitiva che mi convinse a tentare l’impresa di scalare le pagine bianche che mi sarei trovato di fronte e riempirle di me, con parole mie”.
Giovanni Nistri torna dunque uomo “normale”, torna a vivere soprattutto una vita normale e lontana dalla complessa solennità del suo vecchio incarico di Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, e trova finalmente la voglia e il tempo di raccontarsi.
Lo fa in questo libro, “Ho servito lo Stato”, che è un libro particolarmente “forte”, pieno di ricordi e di tensione morale, di dettagli e di riferimenti che sono la storia stessa della Repubblica, una sorta di diario di viaggio di un eroe moderno oggi alle prese con il bilancio della sua vita. Un libro molto bello, avvincente e avvolgente, perché dentro c’è la storia e la vita di migliaia di altri carabinieri italiani come lui.
“Ora vi dico addio, perché la mia carriera e finita: evviva! Passano i generali ma non passa l'Arma, perché l'Arma e infinita, come la Patria”. Con queste parole, parafrasando Congedo, una poesia del grande Aldo Palazzeschi, il 15 gennaio 2021 terminai il mio ultimo discorso da comandante generale dell'Arma, durante la cerimonia di cambio tenutasi nell'ampio cortile della Caserma De Tommaso, storica sede della Scuola Allievi Carabinieri di Roma, alla presenza del presidente del Consiglio pro tempore, Giuseppe Conte, dell'allora ministro della Difesa Lorenzo Guerini, del capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli, e di altre autorità civili, militari, religiose, intervenute numerose, nonostante le restrizioni impo-ste dal periodo pandemico, che resero necessario ridurre anche il numero degli invitati "ordinari". Ma c'erano mia moglie Raffaela e mio figlio Riccardo, nonché mia figlia Simona in collegamento streaming per esigenze famigliari: per loro tre, va aggiunto il prefisso "stra" al vocabolo "ordinari":
Vi dicevo, un racconto intimo di chi ha scelto di essere un uomo dello Stato senza ammantarsi di eroismi ma semplicemente mettendosi al servizio della comunità, dagli anni dell’Accademia fino al punto più alto della carriera, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, conseguendo nel frattempo tre lauree e diversi master. Non solo. Ma quando la riqualificazione dell’antica Pompei entrò in crisi, toccò a lui, che aveva diretto per un quadriennio il Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale, diventarne il responsabile per far rifiorire il sito archeologico, uno dei luoghi più visitati al mondo.
Un’esistenza fatta di continui trasferimenti, da una parte all’altra della Penisola, a contatto con personaggi di vario genere, “santi e assassini”, e poi la morte di giovani carabinieri trucidati nell’esercizio della loro funzione, e le lacrime versate con i familiari ai loro funerali. “Ma sempre con la certezza che del potere mai si deve abusare -dice Giovanni Nistri- e che la verità non è mai bianca o nera ma è piuttosto un mescolarsi di infinite tonalità”.
Iconico il suo messaggio finale: “Mi riterrò soddisfatto se, all’ultima parola dell’ultima pagina, sarò riuscito a descrivere senza infingimenti aspetti significativi della mia esperienza e, ancor più, lo spirito con cui ho provato ad affrontare i correlati impegni. Il che non significa -confessa qui l’Uomo di Stato- averli assolti sempre in modo adeguato, ma è semplicemente mirabile il modo come l’alto ufficiale racconta “dello sforzo costantemente posto nel tentare di farlo”.
Durante il suo mandato, ha dovuto affrontare situazioni di particolare criticità, senza creare scandalo né prendere posizioni estremiste.
“Trovo difficile -confessa il vecchio generale dell’Arma-sintetizzare in poche righe l’importanza e la gravità di molte decisioni assunte, nel loro inevitabile sviluppo esecutivo, gravido di riflessi collettivi e individuali. D’altro canto, ogni decisione è assunta in ragione della situazione del momento e degli elementi di informazione disponibili. È mia convinzione che chi decide, a qualunque livello, deve essere e soprattutto deve sentirsi responsabile del provvedimento assunto, anche se, nel tempo, dovesse essersi dimostrato meno efficace o addirittura sbagliato.
Ma il racconto più entusiasmante è quello della vita quotidiana di un militare che, di fronte a problemi anche gravi che riguardano la sicurezza dello Stato, si è trovato a cercare soluzioni con l’ausilio della filosofia, della letteratura, della musica e del cinema. In queste pagine appassionate scorrono vite di uomini e donne, verità e apologhi creati ad arte, valori, sentimenti e comportamenti, fallimenti da cui apprendere.
“Posso dire che sono due le decisioni più difficili prese da comandante generale- precisa Giovanni Nistri-, con piena consapevolezza e macerata intima sofferenza. Una ha riguardato la tutela del prestigio dell’Istituzione, una determinazione che ha inciso direttamente su alcuni colleghi e che, per correttezza nei loro confronti, non desidero esplicitare. L’altra è stata adottata in nome dell’interesse collettivo: nell’iniziale periodo pandemico, quando il virus martellava inesorabile, la stessa comunità scientifica non aveva ancora ben definito la cornice e i contenuti della minaccia e i dispositivi di protezione scarseggiavano, decisi, in parte confortato dal parere dei miei collaboratori più stretti, di non chiudere nessuno dei nostri presidi e di continuare nella quotidiana opera di rassicurazione e protezione sociale in ogni più remota parte del territorio nazionale”.
Essere al servizio dell’Arma -ha ragione l’autore di questo saggio- “significa essere parte significativa di quella nebulosa valoriale che definiamo Patria, termine troppo spesso negletto, per tutta una serie di motivazioni”.
Indimenticabile per l’autore il periodo della pandemia da Covid.
“Credo che l’Arma, in quel periodo così cupo ricorda oggi- sia stata l’unica Istituzione pubblica ad aver mantenuto operativamente attive e aperte al pubblico tutte le sue articolazioni e soprattutto quelle più vicine alla popolazione, Stazioni, Tenenze, Compagnie, continuando a perseguire concretamente quella funzione di vicinanza che la Storia, la tradizione e la pubblica opinione attribuiscono alla “Benemerita”. Quella decisione amplificava i rischi per la salute dei “miei” Carabinieri, ne avevo piena coscienza, ma so con certezza che tutti loro hanno aderito con grande senso di responsabilità e di abnegazione, nell’interesse delle collettività assistite. È a motivo di tale decisione che la consegna di cibi e medicinali a persone impossibilitate a muoversi, il ritiro delle pensioni a favore degli anziani soli, la vigilanza ininterrotta sono state tra le attività distintive dell’Arma anche mentre la pandemia infuriava”:
Valori da salvare, valori da tutelare, valori morali da raccontare e poi ancora, la riscoperta dei valori perduti e l’importanza radicale dei valori civili. Il libro non è altro che una esaltazione di questo che è sempre stato il vero mantra dell’alto ufficiale, ma lo era già quando ancora giovanissimo ufficiale della Benemerita venne mandato in Calabria per uno dei suoi primi incarichi ufficiali.
“Ai valori ho dedicato un intero capitolo del mio libro, e in cui espongo tutta una serie di Valori che fanno parte della panoplia etica, e perciò comportamentale, dell’Arma. Quanto a me, ho provato (e sottolineo il verbo, che esprime il senso di una costante tensione, non una granitica certezza) a interpretare il mio ruolo, qualsiasi incarico abbia ricoperto, su tre capisaldi: la Lealtà, intesa anzitutto come rispetto verso gli altri; Esempio, alimento indispensabile per rendere credibile qualunque disposizione si debba emanare; l’Onestà, quella materiale, che dovrebbe far parte di default di ogni appartenente all’Arma, e quella intellettuale, che ritengo modello basilare di riferimento, dal quale, come ho scritto, “derivano la fedeltà agli impegni assunti, l’equilibrio e la coerenza nelle decisioni, la linearità dell’agire, e il senso del dovere”.
Un libro questo di Giovanni Nistri, anche questo un dettaglio di non poco conto, i cui diritti d’autore saranno tutti devoluti all’ ONAOMAC, l’Associazione istituita nel 1948 col precipuo scopo di assistere i tantissimi orfani di guerra dei militari dell’Arma, e di aiutare negli studi gli orfani dei Carabinieri -attualmente sono circa 1.150- quale che sia stata la causa del decesso, dall’infanzia lungo l’intero percorso scolastico sino al conseguimento della laurea, compresi corsi di formazione e qualificazione per facilitarne l’ingresso nel mondo del lavoro.
“L’ONAOMAC -sottolinea l’ex comandante dell’Arma dei Carabinieri- svolge un ruolo centrale all’interno dell’Arma, pur essendo un Ente formalmente “esterno”, con piena autonomia giuridica. La professione di Carabiniere è obiettivamente rischiosa, come dimostra purtroppo anche la cronaca più recente, e le remunerazioni stipendiali sono quelle che sono.È pertanto intimo dovere di chiunque indossi la nostra divisa il sostenere moralmente il coniuge superstite e i figli e quello dei Vertici istituzionali il supportare, peraltro senza alcun impegno per le risorse pubbliche, un organismo che, almeno, assicuri un minimo di resilienza economica alle famiglie di “coloro che sono andati avanti”, nel contempo rassicurando ogni militare, sia pure parzialmente, su quello che potrebbe essere il futuro dei suoi figli in caso di destino avverso. È ben poco rispetto al sacrificio della vita, ma quel poco è alimentato dall’affetto sincero di noi tutti, in servizio e in congedo”.
“Ho servito lo Stato”, ecco cosa ha fatto di bello e di importante in tutta la sua vita Giovanni Nistri, e in questo suo diario di viaggio c’è per intero la magia e il fascino di una vita in divisa e al servizio della Repubblica.
La scheda dell’Autore
Giovanni Nistri è Generale di Corpo d’Armata dell’Arma dei Carabinieri, di cui è stato il Comandante Generale dal 2018 al 2021. È laureato in Giurisprudenza, in Scienze Politiche e in Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna. Ha svolto incarico di docenza in Sicurezza del patrimonio culturale presso la LUMSA di Roma. È stato Direttore Generale del Grande Progetto Pompei dal 2014 al 2016, progetto finanziato dall’Unione Europea per la messa in sicurezza del sito archeologico e per la riqualificazione della circostante Buffer Zone UNESCO. Autore di saggi in tema di comunicazione pubblica, di tutela del patrimonio culturale e sulla guerra cognitiva/disinformazione, è componente del Consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
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