Natuzza, il linguaggio del sangue.

Appena fresco di stampa l’ultimo saggio di Valerio Marinelli su Natuzza Evolo. Questa volta il titolo del libro del fisico nucleare calabrese è questo: Emografie della Serva di Dio Natuzza Evolo” (Ed. Mimep-Docete, 2022), un libro destinato a riaprire in tutto il mondo scientifico il tema non facile del sangue che lascia misteriosamente i segni del suo passaggio sui tessuti.

di Pino Nano
Domenica 16 Ottobre 2022
Roma - 16 ott 2022 (Prima Pagina News)

Appena fresco di stampa l’ultimo saggio di Valerio Marinelli su Natuzza Evolo. Questa volta il titolo del libro del fisico nucleare calabrese è questo: Emografie della Serva di Dio Natuzza Evolo” (Ed. Mimep-Docete, 2022), un libro destinato a riaprire in tutto il mondo scientifico il tema non facile del sangue che lascia misteriosamente i segni del suo passaggio sui tessuti.

Nato a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, ingegnere nucleare, professore emerito dell’Università della Calabria, Valerio Marinelli è autore di numerose pubblicazioni scientifiche nel campo della termoidraulica dei reattori nucleari, dell’energetica degli edifici e dell’ingegneria solare e di vari testi didattici universitari. È autore però anche, e forse soprattutto, dell’opera in 10 volumi “Natuzza di Paravati” (Ed. Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime). Il primo vero e più accreditato biografo ufficiale della donna che sta per ora per diventare Santa.

 

Nella prefazione che ne fa l’autore, Valerio Marinelli, di questo saggio sulla mistica di Paravati, ricorda che “La serva di Dio Natuzza Evolo” una contadina di Paravati, piccolo comune della Calabria, ha avuto per tutta la sua vita delle manifestazioni eccezionali avvicinabili a quelle di san Padre Pio da Pietrelcina. 

In particolare, Natuzza è stata soggetta a sudori di sangue che raccolti su teli o fazzoletti davano origine a scritte, immagini e simboli che richiamano sempre a Gesù. Il libro di Valerio Marinelli raccoglie una ampia selezione di questi eventi eccezionali spiegandoli dal punto di vista scientifico e religioso.

 

-Cosa si intende per emografia?

Con la parola emografia, non presente ancora nei dizionari italiani, si intende la formazione di scritte ed immagini tracciate spontaneamente dal sangue effluito dalla cute o dalle stimmate. Il dottor Annibale Puca, che esaminò Natuzza nel 1941, quando ella aveva sedici anni, usò nelle sue pubblicazioni il termine di grafia ematica. Fu l’avv. Francesco Mesiano, nel 1974, ad usare la voce emografia, con riferimento specifico e diretto a Natuzza. Sarebbe però forse meglio parlare di emografia mistica, dato il contenuto spirituale dei messaggi.

 

-Come lo spiegherebbe a un bambino che non sa nulla di queste cose?

Questo fenomeno, rarissimo nella storia dei mistici, consiste nella formazione spontanea di immagini, simboli e frasi di carattere sacro sui panni, bende e fazzoletti venuti a contatto con il sangue.

 

-Qual è dunque il rapporto che lega la vita e la storia di Natuzza alle emografie?

Nel caso di Natuzza rimanevano impressi sui tessuti i disegni di croci, cuori, ostensori, corone di spine, immagini di Gesù, della Madonna, di Angeli, di Santi, di figure oranti, e scritte varie, sempre di carattere sacro, in lingua italiana, latina, francese, inglese, più raramente tedesca e greca. Il fenomeno si ripeté migliaia di volte sui fazzoletti appoggiati sulla sua pelle essudante sangue e sui fazzoletti e sulle garzine poste a contatto delle stimmate, oltre che, nella Settimana Santa, sui suoi indumenti, sulle lenzuola e sui cuscini del suo letto.

 

-Questo vuol dire che ci sono emografie di Natuzza dappertutto?

Natuzza ha riempito la Calabria, e non solo la Calabria, con i suoi fazzolettini emografati: il fenomeno rimase inalterato per quasi settant'anni. In questo ampio arco di tempo Natuzza ha donato ai suoi visitatori un grandissimo numero di fazzolettini.

 

-Vogliamo provare a datare il fenomeno professore?

La prima manifestazione accertata e documentata avvenne il 29 giugno 1940, giorno in cui Natuzza ricevette il Sacramento della Cresima nella Cattedrale di Mileto. La ragazza si accorse, dopo aver ricevuto il Sacramento, di avere le spalle bagnate. Tornata a casa Colloca, presso la quale lavorava come domestica, le fu trovata la camicia insanguinata e il sangue aveva formato sulla camicia una croce, grande quanto tutte le spalle. Di questo me ne hanno parlato direttamente i coniugi Colloca nel 1979, e l’episodio fu riferito per lettera dal Vescovo di Mileto Paolo Albera a Padre Agostino Gemelli.

 

-Da uomo di scienza quale egli è, professore, posso chiederle se le emografie hanno una spiegazione scientifica?

Non penso che possa esistere una spiegazione scientifica per questo fenomeno che ha un evidente carattere prodigioso. Nessuno, con la forza della propria volontà, è in grado di ottenere un risultato simile imponendo al proprio sangue di scrivere e disegnare.

 

-È il caso di Natuzza Evolo?

Natuzza aveva un atteggiamento passivo durante la formazione delle emografie e non esercitava alcuna volontà. Oltretutto non poté andare mai a scuola e rimase analfabeta per tutta la sua vita; dunque, non sapeva né leggere né scrivere. I contenuti informativi presenti nelle emografie, anche da quanto risulta nelle testimonianze descritte, non erano certamente possedute dalla psiche di Natuzza. E che dire del collegamento tra l’emografia di San Pietro Claver e della devozione del destinatario dell’emografia verso il santo, cosa ignorata certamente sia dal Mesiano che da Natuzza?

 

-Mi dà un dettaglio di queste emografie che lei ha analizzato e studiato?

Le do un particolare non da poco. Molto spesso, secondo le testimonianze di molti, i fazzoletti venivano posti sulle mani o sul corpo di Natuzza  non aperti, ma ripiegati e, ciononostante, i disegni emografici e le scritte apparivano solo da un lato del fazzoletto, quasi sempre nella sua parte interna, come se il loro autore, superando le leggi della fisica, avesse potuto deporre intelligentemente il sangue nelle giuste posizioni, attraverso una quarta dimensione spaziale o trapassando in modo misterioso le trame del tessuto?, malgrado l'ostacolo offerto dalle pieghe multiple del fazzoletto.

 

-Che lettura dà a questi segni?

Questo fatto avvalora l’ipotesi che si tratti di un fenomeno preternaturale o soprannaturale.

 

-Professore mi dà un dettaglio ancora?

Vede, osservando i fazzoletti, si nota chiaramente che il sangue è stato il più delle volte perfettamente sfruttato per la composizione del disegno e delle frasi, senza che sia rimasta alcuna macchia inutilizzata da nessuna parte.

 

-Lei teorizza che non sempre le emografie sono il risultato di un contatto fisico diretto con la mistica di Paravati?

Sono fermamente convinto di questo. In certi casi l’emografia si è formata anche a distanza del corpo di Natuzza, senza contatto diretto con esso. Talvolta, pur avvenendo la fuoruscita di sangue, l’emografia non aveva luogo, senza che se ne comprendesse il perché.

 

-Dunque?

Se si considera l’emografia una manifestazione divina evidentemente il Signore in certi casi non la permetteva.

 

-Che senso bisogna dare alle emografie di Natuzza?

Per mezzo dei fazzoletti emografici di Natuzza viene lanciato al mondo, in un modo semplice e stupefacente, il messaggio cristiano, l'invito a meditare sulla passione di Gesù Cristo, a pregare e a far penitenza, ad aver fiducia nell'opera salvifica di Gesù e della Madonna.

 

-Un modo insomma per comunicare agli altri la forza della fede

Più o meno è così.

 

-Nel suo libro, Professore, lei riporta varie testimonianze riguardanti la formazione delle emografie di Natuzza. Tra queste ne riporta una in particolare che è “La preghiera a Gesù Bambino”, episodio narratole dai coniugi Alba e Silvio Colloca. La racconta anche a noi?

Si era in prossimità del Natale del 1940, sempre presso la famiglia Colloca. Natuzza ebbe la suppurazione di una ghiandola sotto ascellare e venne curata dal dottor Domenico Naccari, il quale, dopo la medicazione della ferita, applicò alla ragazza una fasciatura. Quando la prima fasciatura fu tolta, venne trovata, in corrispondenza della parte sovrapposta al cuore, una preghiera incompleta. Sulla benda applicata subito dopo vennero trovate altre righe di preghiera, le quali incominciavano proprio dove erano rimaste interrotte quelle precedenti, continuandone il senso, e la cosa si ripeté ancora su tutte le bende successivamente applicate. Alla fine, fu ricostruita una bella preghiera completa a Gesù Bambino.

 

-Non se ne fece nulla?

II dottor Domenico Naccari, mi hanno riferito i Colloca, colse allora l'occasione per verificare personalmente l'autenticità del fenomeno, mettendo dei contrassegni sulle bende da lui stesso applicate e poi distaccate dal corpo della ragazza, accertandosi ogni volta che non erano state manomesse da nessuno. Il medico è purtroppo scomparso nel 1963 e non ho potuto raccogliere la sua testimonianza diretta; ma questo episodio si svolse sotto gli occhi dei Colloca ed inoltre mi venne confermato anche dal dottor Giuseppe Naccari, presidente del Tribunale di Palmi, e figlio del dottor Domenico.

 

-Ma non è finita qui, vero?

Più tardi quella preghiera a Gesù Bambino fu ritrovata sul retro di una immaginetta posseduta da un'amica dei Colloca; questa immaginetta non esisteva a casa Colloca, né fu plausibilmente vista da Natuzza, la quale certamente non la lesse mai, non essendo in grado di farlo. Purtroppo, il testo della preghiera fu smarrito. I Colloca conservavano ancora, nel 1979, alcuni ritagli di quelle fasce con alcune righe di preghiera che io ebbi modo di osservare e di fotografare. A distanza di circa quarant'anni le scritte erano ormai sbiadite e solo alcune parole erano decifrabili.

 

-Ce le ricorda?

Si riconoscevano le parole: “…ed accenderci del vostro amore, vi adoriamo per nostro Creatore e Redentore, noi vi riconosciamo e vogliamo per no

 

-Ma non finisce qui questa storia?

Sì, è vero. Nel periodo di Natale del 2018 mi è capitata, per caso, sotto gli occhi, una immaginetta di Gesù Bambino dell’Aracoeli, venerato a Roma nella chiesa che porta lo stesso nome, dietro la quale è riportata una preghiera contenente le espressioni sopra riportate; dunque, molto verosimilmente, è questa la preghiera apparsa nel 1940 sull’ emografia di Natuzza.

 

-Alla fine, lei è arrivato al testo completo della preghiera?

Il suo testo completo è questo: “Amabilissimo nostro Signore Gesù Cristo, che fatto per noi Bambino, voleste nascere in una grotta per liberarci dalle tenebre del peccato, per attirarci a Voi, ed accenderci del vostro santo amore, vi adoriamo per nostro Creatore e Redentore; vi riconosciamo e vogliamo per nostro Re e Signore, e per tributo vi offriamo tutti gli affetti del nostro povero cuore. Caro Gesù, Signore e Dio nostro, degnatevi di accettare quest’offerta, e, affinché sia degna del vostro gradimento, perdonateci le nostre colpe, illuminateci, infiammateci di quel fuoco santo che siete venuto a portare nel mondo, per accenderlo nei nostri cuori. Divenga per tal modo l’anima nostra un sacrifizio perpetuo in vostro onore; fate che essa cerchi sempre la vostra maggior gloria qui in terra, affinché venga un giorno a godere delle vostre infinite bellezze in Cielo. Così sia”.

 

-Quando nel suo libro lei parla della “Emografia del Santo Curato d’Ars” a cosa fa riferimento?

Ad un articolo che il magistrato Francesco Lojacono, procuratore generale della Corte d’Appello di Catanzaro, scrisse il 4 febbraio 1948 sul Giornale d’Italia.

 

-Cosa conteneva quel pezzo di giornale?

Una storia incredibile. “Natuzza Evolo- scriveva testualmente l’alto magistrato calabrese- ha la facoltà di trasformare il suo corpo in una rudimentale macchina tipo-litografica. Sono otto anni che, senza colori e pennelli, senza caratteri ed inchiostro, va stampando e ristampando su qualsiasi pezzuola che si tenga aderente sul suo corpo, croci, rosari, corone di spine, cuori infiammati, angeli, ostensori, calici, Madonne, animali simbolici, preghiere, spesso pensieri sublimi, e non in una sola, ma in molte lingue, morte e vive, occidentali ed orientali. I disegni, i caratteri, i pensieri, non si sa donde vengono: inchiostro è il suo sangue”.

 

-È vero che lo stesso magistrato volle indagare il fenomeno?

Lo scrive con assoluta chiarezza e precisione lo stesso giudice: “Io ho voluto osservare come si verifica il fenomeno, facendo appuntare in mia presenza alla parte interna della camicia, in corrispondenza del torace, un mio fazzoletto sul quale avevo scritto di mio pugno il mio nome e cognome. Natuzza aveva allora 15 anni ed era in casa Colloca. Il fazzoletto fu appuntato dalla madre dell’avvocato, una gentildonna all’antica, che, assolto il suo compito, si allontanò. La giovinetta, seduta presso una macchina da cucire, per non starsene inoperosa, prese a lavorar di calza. Potevo osservare il fazzoletto per l’ampiezza dello scollo della camicetta. Dopo qualche minuto, cominciò a comparire qua e là qualche macchiolina più piccola di una capocchia di spillo. Le macchioline mano a mano aumentavano di numero, si addensavano, si ordinavano. Quando mi parve che, per quel che potevo vedere, era avvisabile qualche contorno, domandai alla ragazza se il fazzoletto era pronto, anche per accertare se la sua volontà e la sua coscienza erano presenti ed in che misura sulla produzione del fenomeno”.

 

-Quale fu la risposta di Natuzza al giudice?

Legga lei il testo dell’articolo firmato dal magistrato sul Giornale d’Italia. Ecco cosa rispose: “Mi rispose che l’ignorava, ma, chinando il volto sul petto, ed osservando che il colore del sangue appariva ancora scialbo e slavato, consigliò di aspettare un po’. Si tolse infine il fazzoletto e, dopo avergli dato uno sguardo di curiosità, me lo consegnò. C’erano tre scritti e quattro figure. Le figure erano dello stesso tipo di quelle già osservate in alcuni delle migliaia di fazzoletti impressi in precedenza: un rosario, un ostensorio raggiato con ostia, una corona di spine ed un cuore sormontato da una croce. Degli scritti due erano ben visibili ed erano rispettivamente del seguente tenore: “Mater sancta spei, ora pro nobis”, “Lezione XI”. Il terzo portava in alto le due parole Preghiera Orazione” e poi un testo di sei righe. Purtroppo non potei leggerle tutte perché o il contorno del seno o gli spostamenti del fazzoletto conseguenti ai movimenti della ragazza impedirono una perfetta e costante aderenza. Potei leggere soltanto le parole: “O Santo curato d’Ars, Giovanni…. la cui vita fu tutta un’ardente sospiro d’amore per la…. santa…. catacombe”.

 

-Impressionante, direi…

Il giudice nel suo racconto va oltre ogni possibile immaginazione. Scrive testualmente: “Ignoravo, lo confesso, l’esistenza di un Santo Curato d’Ars e ne domandai a Natuzza, la quale, nel suo dialetto, il solo linguaggio che conosce, mi rispose: “E chi ndi sacciu ieu?” (Che ne so io?). Non poté neanche darmi il minimo aiuto per la lettura completa della preghiera scritta da lei col suo sangue. Avevo constatato coi miei occhi la genuinità del fenomeno, verificatosi in una atmosfera di assoluta sincerità, semplicità, disinteresse. Non era solo questione di trasudazione di sangue che, come si assume, può essere un fenomeno isterico. Qui si presentava un problema molto grave: quel sangue aveva disegnato ed aveva espresso dei pensieri che non erano certamente miei e che, né per atavismo né apprensione occasionale, avevano mai potuto attingere la mente di quella ragazza”.

 

-Che idea si è fatta Professore?

Che la parola catacombe, presente nell’emografia,  almeno a me Valerio Marinelli sembrava non avere relazione alcuna con il curato d’Ars, e pensavo ad un errore di interpretazione da parte del magistrato Lojacono, ma in data 2 giugno 2022, dopo la pubblicazione del mio libro sulle emografie di Mamma Natuzza, il Signor Luca Pignatara di Roma mi ha mandato una email nella quale mi scrive queste cose: “Egregio professore, a chiarimento di un dubbio da lei espresso nel suo recente libro sulle “emografie” di Natuzza Evolo, mi permetta di informarla del fatto che il Santo Curato d’Ars era notoriamente molto devoto di santa Filomena, soprannominata “la Santa delle catacombe” poiché le sue reliquie vennero trovate nelle catacombe romane”.

-Si spieghi meglio Professore…

Mi sembra chiaro e scontato che questa osservazione chiarisce perché nell’emografia comparivano le parole “santa…catacombe”, collegate dunque direttamente al santo Curato d’Ars.

 

-Cos’è invece quella che lei chiama “L’emografia di San Pietro Claver”

La fonte questa volta è l’avv. Francesco Mesiano, che nel suo libro I fenomeni paranormali di Natuzza Evolo, pubblicato nel 1974, riporta una vicenda altrettanto incredivile e inspiegabile. Glielo faccio vedere. “Nel novembre 1947 – scriveva il noto avvocato vibonese- mandai alla Evolo un fazzoletto che mi aveva consegnato, firmato su un lato, il dottor Filiberto De Angelis, già Direttore Generale del Ministero delle Finanze ed ora Consigliere della Corte dei Conti. Nei giorni di Natale la Evolo se lo portò in chiesa; dopo essersi comunicata, essudò sangue dalla fronte, estrasse dalla tasca il fazzoletto piegato e cercò di asciugarsi, ma non ebbe il tempo di detergersi completamente perché il lino le venne strappato da una persona che le stava accanto e che avrebbe desiderato che Natuzza si fosse asciugata con il suo fazzoletto. Trovandomi a Mileto mi consegnò il fazzoletto dell’amico De Angelis il pomeriggio di quello stesso giorno. Lo spiegai in presenza della Evolo e, osservati fugacemente i disegni impressi sul lino, mi fermai poi a leggere la preghiera che vi era scritta. Eccone il testo integrale: “O Dio, che per condurre i poveri schiavi negri alla conoscenza del Vostro Santo Nome, concedeste al Vostro servo S. Pietro con un ammirabile spirito di abnegazione di…”. Ho segnato in corsivo le due parole per i motivi che vedremo. Feci notare a Natuzza che la preghiera era incompleta ed ella, stringendosi nelle spalle, mi rispose: “Che cosa so io cosa scrivono!”

 

-A quel punto come reagì l’avvocato Mesiano?

Non si arrese. Chiese a Natuzza chi fosse mai quel S. Pietro che convertiva i negri.

 

-Che risposta diede Natuzza?

Questa, che l’avvocato Mesiano riportava nel suo libro: “Natuzza, sorpresa e stupita della domanda, replicò con un bonario sorriso: “ndavi forsi cchiu d’uno San Petru?” (c’è forse più di un S.Pietro?) Ma lasciai perdere, trattenni il fazzoletto e si parlò d’altro. Ritornato poi a Roma, l’avvocato restituì il fazzoletto al suo amico De Angelis, il quale gli disse subito che si trattava di S. Pietro Claver; che da bambino aveva spesso accompagnato sua madre a portare delle offerte al Sodalizio del santo, in via dell’Olmata e che dall’età di dieci-dodici anni non aveva più frequentato quell’istituto di suore”.

 

A quanto pare lo stesso Consigliere della Corte dei Conti De Angelis volle però andare fino in fondo a questa storia?

L’avvocato Mesiano lo racconta in maniera nettissima. “Si ebbe l’impressione che la preghiera emografata potesse essere analoga a quelle orazioni che di solito vengono riprodotte a tergo delle immaginette religiose e dopo qualche giorno il consigliere De Angelis si recò al Sodalizio, dove riuscì ad averne una proprio di S. Pietro Claver. Fu ovviamente grande la nostra sorpresa quando notammo che la preghiera, riportata quasi fedelmente sul fazzoletto, era quella dell’immaginetta, dico quasi fedelmente perché la interpunzione e le lettere maiuscole erano scritte fedelmente, ma un “accordaste” stava in luogo di concedeste e mancava quel con impresso invece sul lino”.

 


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Prima Pagina News

Natuzza Evolo
PPN
Prima Pagina News
Velerio Marinelli

APPUNTAMENTI IN AGENDA

SEGUICI SU