Rai Milano, torna Fabrizio Binacchi. È la storia della TgR
Nomine Rai. Il giornalista Fabrizio Binacchi è il nuovo caporedattore centrale della TgR Lombardia. Lo ha nominato l'amministratore delegato Carlo Fuortes su proposta del direttore della Tgr, Alessandro Casarin. La sua è anche la storia della TgR.
di Pino Nano
Mercoledì 23 Marzo 2022
Milano - 23 mar 2022 (Prima Pagina News)
Nomine Rai. Il giornalista Fabrizio Binacchi è il nuovo caporedattore centrale della TgR Lombardia. Lo ha nominato l'amministratore delegato Carlo Fuortes su proposta del direttore della Tgr, Alessandro Casarin. La sua è anche la storia della TgR.

Dal prossimo 28 marzo il giornalista Fabrizio Binacchi sostituirà Federico Zurzolo, recentemente nominato vicedirettore della direzione di genere Intrattenimento - Day Time della RAI. Il direttore della Tgr Alessandro Casarin con una nota ufficiale "ringrazia Federico Zurzolo per il suo prezioso contributo e augura buon lavoro a Fabrizio Binacchi". Per la TGR di Milano è l’inizio di una nuova era, anche se per Fabrizio Binacchi è un ritorno alla casa madre, nella redazione dove da giovanissimo aveva incominciato a muovere i suoi primi passi. Lo conosciamo da tantissimi anni per non dire che Alessandro Casarin, il direttore della TGR, non poteva fare scelta migliore di questa. Parliamo infatti di un giornalista che nei fatti è stato la storia della TGR RAI, che ha attraversato le varie fasi di crescita della Testata Giornalistica Regionale sempre con il massimo dei riconoscimenti e dei consensi delle redazioni che ha guidato o con cui ha lavorato.

 

Mantovano, classe 1960, Fabrizio Binacchi muove i primi passi alla Gazzetta di Mantova dove diventa giornalista professionista. Proprio a Milano incomincia la sua esperienza Rai come corrispondente, nel 1984. È stato, poi, redattore economico sindacale al Tg1, diventando caposervizio al politico e caporedattore per l'edizione delle 13.30. Nella Tgr è stato caporedattore di coordinamento centrale, curando la rubrica Ambiente Italia e co-ideando Leonardo, il quotidiano di scienza e ambiente e Tgr Italia Agricoltura, di cui è stato curatore e conduttore per tre edizioni. Ha curato e condotto su Rai1 Linea Verde e Ci vediamo. Dal 1998 al 2000 è stato direttore del Centro di produzione di Milano. È stato capo delle redazioni Tgr del Lazio e dell'Emilia-Romagna, direttore delle sedi di Trieste e Trento, da ultimo direttore della Sede regionale per l'Emilia-Romagna. Ha insegnato in alcune università come professore a contratto di comunicazione scientifica e all'Università di Bologna al Master in Giornalismo Teoria e Tecnica del Linguaggio Giornalistico. Ha scritto vari libri, l'ultimo del 2021 "Luoghi comuni Il potere della parola" per Minerva Edizioni. Insomma, un curriculum da primo della classe, sempre e comunque.

 

-Quanti ricordi Direttore si porta dentro un giornalista così eclettico?

I ricordi di un cronista sono sempre tanti, e tanti sono anche personaggi visti da vicino. Da Andreotti a Craxi, da Pertini a Cossiga.

 

-Un bilancio ricco di incontri eccellenti?

Mettiamola così. Un bilancio di persone e personaggi visti da vicino, molto vicino.

 

-Mantova mi pare di capire sia stata il cuore del mondo nella tua vita?

Non poteva essere diversamente. È a Mantova e da Mantova che parte il tutto. Poi a Roma, una volta lasciata Mantova, mi è capitato di incontrare e intervistare personaggi pubblici di rilevante importanza nazionale o internazionale. Erano gli anni in cui Giulio Andreotti, di ritorno da un soggiorno sulle Dolomiti, si fermava in centro a Mantova in piazza delle Erbe a passeggiare e guardarsi attorno.

 

-Ma non solo Giulio Andreotti?

Erano anche gli anni in cui Bettino Craxi veniva spesso nella città di profonde tradizione socialista dove c’era un sindaco socialista, per comizi e incontri e in cui Gianni Agnelli, patron della Fiat e allora anche presidente di Confindustria atterrava al Martelli e andava a pranzare in un ristorante o inaugurava un convegno dell’associazione imprenditori o faceva un giro ad un mostra di Palazzo Te. E io col fotografo Sandro Somenzi e Gigi e Daniele Barlera s’andava a intervistare e seguire.  Andava così.  Mantova scrigno di arte e di cultura e anche un po’ caput mundi a seconda di mostre e offerte culturali, eventi che sono nonne e bisnonne del poi grandemente celebrato Festival della Letteratura. Richiami sociali e culturali, tappe di politici di primo piano.

 

-Il ricordo più forte di quella stagione politica e professionale?

Indimenticabile per me quel comizio di Aldo Moro, al Palazzo della Ragione, pochi mesi prima del suo tragico rapimento. Vennero poi i grandi raduni di piazza solitamente delle Erbe, per i leader della prima Repubblica di metà anni Ottanta, il segretario democristiano Ciriaco De Mita, il segretario socialista Bettino Craxi, molti esponenti del Partito Comunista che in provincia aveva una maggioranza schiacciante. Natta, Pajetta, Cossutta e via via fino ai rappresentanti locali come Renato Sandri, che avevano ruoli nazionali. Ma su tutte le visite primeggiò per anni e anni quella del presidente della Repubblica Sandro Pertini nell’ottobre 1981 per il Bimillenario Virgiliano. Epocale. Pertini con Gianni Usvardi, allora sindaco della città, in giro per le strade di Mantova e tappe nei luoghi della cultura e della ribalta civile e sociale. Una folla di studenti e professori, di cittadini e passanti curiosi davanti al Liceo “Virgilio” quando rispose in diretta, ed io ero lì, a domande di allievi e docenti, giornalisti venuti da ogni dove.

 

-Da Pertini a Claudio Signorile?

Lui allora era ministro dei Trasporti. Ricordo un Claudio Signorile sempre affabile molto abbronzato: parlava di collegamenti ferroviari e stradali per Mantova e anche di tangenziale, già allora prima metà anni Ottanta.

 

-Ma non solo lui mi pare di capire?

L’altro Claudio socialista, che era di casa a Mantova, era Claudio Martelli, perché a Mantova aveva anche il collegio elettorale. Era di casa anche al giornale e con Rino Bulbarelli lo intervistavamo spessissimo e spesso ogni frase era una notizia. Ricordo una sera con il ministro Gianni De Michelis, andavamo di fretta dal giornale alla raffineria, e facemmo un’intervista volante in auto, molto volante e molto veloce.

 

-Si incomincia tutti da On the Road?

Per la verità anche più avanti negli anni, quando già lavoravo in televisione mi capitarono altre interviste con personaggi top, di corsa e seduti ad un tavolo, per strada e in cortile. Evidentemente i trasporti e i lavori pubblici erano nel mio destino e anche nei primi anni del Tg mi capitò di far parlare a suon di interviste da apertura del telegiornale i ministri Santuz e Ferri sui limiti di velocità 110 e 130 all’ora in autostrada. Furono mesi di polemiche e scontri.

 

-Una delle sue interviste storiche fu quella con Ligato mi pare di ricordare?

Lodovico Ligato era allora presidente delle Ferrovie dello Stato. Il pezzo andò nell’edizione del massimo ascolto, sul futuro delle ferrovie italiane. Un mese dopo il presidente Ligato venne assassinato. Ovviamente rimasi molto impressionato. Per l’informazione economica e finanziaria ricordo un’intervista molto istituzionale ma al contempo molto concreta con l’allora ministro del Tesoro Giuliano Amato sul tasso ufficiale di sconto in un salottino dell’aeroporto di Ciampino. La volle anche l’Ansa, c’eravamo solo noi. Più tardi girando per il Palazzo delle Ferrovie in piazza della Croce Rossa a Roma mi capitò di incontrare il presidente commissario delle Ferrovie Mario Schimberni, ex Montedison, che aveva fama di non parlare facilmente con i giornalisti. Con me parlò, anche al microfono. Rientrai al telegiornale e mi chiesero come avessi fatto ad avere un’intervista con Schimberni. Io risposi che gli avevo fatto semplicemente delle domande. Non mi credettero.

 

-L’incontro che più l’ha segnata?

Papa Giovanni Paolo Secondo. Indimenticabile. Il destino mi riservò nell’anno 1988 anche l’avventura di fare il vaticanista per un giorno. L’8 dicembre, Festa dell’Immacolata. Il vaticanista ufficiale era morto da qualche mese e il direttore Nuccio Fava scelse un giornalista qua e là forse per l’intervallo di competenza. Ero emozionatissimo e solo: non c’era la cerimonia degli ultimi anni e soprattutto c’eravamo solo noi. Papa Wojtyla si avvicinava e mons. Marini mi fece salutare il Santo Padre. Istanti di sguardi incancellabili.

 

-E la donna che più l’ha segnata?

Senza dubbio, Tina Anselmi. Una mattina in studio a via Teulada finii il tg dell’alba e vidi che si stava sedendo nello stesso studio Tina Anselmi pronta per un’intervista. Proprio lei, partigiana del Veneto, prima donna ministro del Lavoro, donna di grande coraggio ed estesa visione, presidente della Commissione P2: non ero parte dell’intervista ma volevo salutarla. Fu una stretta di mano molto molto calorosa.

 

-E di Andreotti cosa ricorda?

A Palazzo Chigi dove per tre anni ero quasi di casa per l’incarico di giornalista economico arrivano molto presto al mattino. Un giorno arrivai molto ma molto presto, prima ancora di Andreotti che all’epoca era presidente del Consiglio. Quando arrivò scendendo dalla Croma color carta da zucchero mi diede un’occhiata furtiva e camminando lesto con un pacco di fogli sotto al braccio disse con la sua inequivocabile voce sottile: “Ma voi arrivate prima delle notizie!”.

 

-E Cossiga invece?

Ricordo un Primo Maggio alla cerimonia della consegna delle insegne di Cavaliere del Lavoro all’Eur. Il presidente della Repubblica Cossiga entrò in sala proprio mentre stavo finendo l’introduzione della telecronaca. Lo invitarono a cominciare la cerimonia ma lui attese con grande riguardo il secondo giusto della diretta.

 

-Direttore, lei oggi torna a Milano, ma da dove ricomincia?

Se Enzo Tortora ci fosse ancora direbbe, molto più semplicemente “Da dove ci eravamo lasciati”.


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