Roma: al Teatro Porta Portese Mimmo Surace in scena con "12 Sedie"

Appuntamento lunedì 21 settembre, alle ore 21.

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Giovedì 18 Settembre 2025
Roma - 18 set 2025 (Prima Pagina News)

Appuntamento lunedì 21 settembre, alle ore 21.

Precarietà, memoria, naufragio, migrazioni, vita: questi sono i temi al centro di "12 Sedie", lo spettacolo scritto e diretto da Donato di Stasi e interpretato da Mimmo Surace, in scena lunedì 21 settembre alle ore 21 nella Sala Quattrucci del Teatro Porta Portese di Roma.

Lo spazio scenico è un terreno di precarietà e memoria: dodici sedie disposte alla rinfusa, due quadri appoggiati in modo instabile, libri e quaderni aperti per terra, foglie secche che scricchiolano sotto i passi. L’ambiente non è mai ordinato, ma sempre in bilico, come la condizione di chi ha perso la propria casa e cerca un approdo che non esiste.

Il personaggio entra avvolto in un lungo telo di plastica nera, la testa coperta di fango. La plastica è un involucro ingombrante, simbolo di rifiuto e di sopravvivenza, mentre il fango è la traccia del naufragio, della terra e dell’acqua che si mescolano nella sua identità.

Nel corso dei dodici monologhi, il telo e gli abiti vengono progressivamente abbandonati sulle sedie, fino a lasciare il protagonista sempre più spoglio, vulnerabile, esposto. Ogni sedia diventa così il deposito di un frammento di vita, di una storia spezzata, di un’assenza.

La voce alterna registri contrastanti: urla spezzate, sussurri intimi, invocazioni, ironia amara, confessioni liriche. Alcune ripetizioni – come refrain ossessivi –risuonano come colpi, altre come litanie, come un canto che torna da lontano. In certi momenti il personaggio legge da un libro, per poi scivolare nella sua voce viva, mescolando la memoria scritta alla testimonianza diretta.

Dodici sedie è un corpo unico composto da frammenti. È la voce di chi migra, di chi resta invisibile, di chi resiste al buio e al silenzio. Ogni monologo è una scheggia, ma insieme costruiscono un affresco che racconta l’emarginazione, la perdita e l’ostinazione di esistere. Alla fine, lo spettatore si trova di fronte a dodici sedie occupate da abiti vuoti: un coro muto di presenze assenti.

12 Sedie è un viaggio senza approdo, un canto di voci invisibili che parlano di esilio, di mare, di frontiere, di amore improvviso e di utopia. Un corpo solo che si fa moltitudine, un coro muto che interroga lo spettatore: quanto tempo serve per cancellare una vita?


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