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Lettera-aperta a Matteo Renzi dal giornalista Gregorio Corigliano che racconta qui il suo legame forte e problematico con il leader di Itavia Viva.Una lettera piena di suggestioni e di provocazioni culturali.
Lettera-aperta a Matteo Renzi dal giornalista Gregorio Corigliano che racconta qui il suo legame forte e problematico con il leader di Itavia Viva.Una lettera piena di suggestioni e di provocazioni culturali.
Ho conosciuto Matteo Renzi a Diamante qualche anno fa e certo prima che riuscisse a diventare personaggio politico di levatura nazionale: segretario del PD e poi presidente del Consiglio dei ministri. E’ stato Ernesto Magorno, sindaco di Diamante, la prima volta, a invitarmi a intervistare il politico toscano alle 20 di sera, nella piazza di una delle più belle città calabresi, la città dei murales e della festa del peperoncino.
Non avevo un rapporto particolare di amicizia con l’amministratore cosentino. Ero a San Ferdinando e mi tuffai a pesce, nel senso che corsi subito. Tanto più giovane di me, Renzi mi entusiasmava solo perché apprezzavo i suoi scritti sui quotidiani . Due ore di intervista sul palco, di fronte a due-trecento persone. Entusiasmo alle stelle. Mi coinvolgevano i suoi ragionamenti ed anche il modo di porsi di fronte alla gente. Fu un successone.
In tanti, anziché passeggiare sul lungomare o gustare i vari modi preparare il peperoncino, si sono piazzati davanti al palco per ascoltare l’ex presidente del Consiglio e si sono spellate le mani in applausi. Un conto era leggere le riflessioni di colui il quale si apprestava a divenire personaggio politico pubblico, un conto era ascoltarlo a due metri di distanza e per di più su un palco.
Baci, abbracci e ringraziamenti e di corsa, si fa per dire, a casa a mare. Non l’avrei mai più visto, se non qualche anno dopo alla stazione di Rosarno. Mi sono avvicinato, non senza difficoltà, per via della scorta e gli chiesi se avesse avuto un vago ricordo di me: era presidente del Consiglio. Ha perso qualche minuto per fare un sforzo di memoria – aveva conosciuto migliaia di persone- e tutto d’un colpo mi fa” Al peperoncino di Diamante!!”.
Madonnina mia, mi dissi “ che memoria! Erano passati tre anni almeno! Mi ha dedicato cinque minuti e via!!! Da allora mi sono lasciato “trasportare”.
Andavo alla ricerca di tutti gli articoli che, giorno dopo giorno, parlavano di lui. Naturalmente anche per lui arrivò il giorno della polvere. La colpa ? Anche sua. E, certamente, anche perché “quando sei, tutti ti stanno attorno, quando cadi, sono tutti pronti a metterti i piedi sulla pancia! Così fu per Renzi.
Dagli altari alla polvere. Aveva portato il Pd al 41 per cento e, poi, maledetto referendum e maledetti traditori del suo stesso partito, Renzi fu costretto a lasciare tutti gli incarichi, non senza una lacrimuccia, di fronte alla moglie Agnese. Non si riprese più, eppure aveva di poco superato i 40 anni.
“Di albero che cade fanne legna”! Sparì per qualche mese, anche se aveva detto che si sarebbe ritirato dalla vita politica. Non mantenne la promessa. Fare politica era più forte di lui.
Nel Pd non riusciva più a stare e, nonostante, tutti i maggiorenti fossero con lui, nel nuovo partito che aveva fondato “Italia viva” fu lasciato pressocchè solo. Tutti coloro i quali erano stati “creati e battezzati” da lui, non lo seguirono. Da Gentiloni a Del Rio, Da Marcucci a Guerini, ad Ascani,a De Luca, De Micheli, Giacomelli, Madia, Orfini, Sensi, Serracchiani ed altri. Nonostante l’abbandono, Renzi riuscì a varare il partito della Leopolda.
L’entusiasmo riscontrato alla vecchia stazione di Firenze lasciava prevedere che, a qualche mese dalla nascita di Italia Viva, ci sarebbero stati sondaggi a due cifre. Invece, si sono fermati al tre per cento, più o meno.
Eppure le intuizioni di Renzi furono entusiasmanti, a partire dal far cadere il governo gialloverde e “spingere più in là” il leader della Lega Matteo Salvini. Si deve al senatore toscano il governo attuale, con i penta stellati, il Pd, il suo stesso partito, con due ministri e due sottosegretari. Senza dover ricordare varie leggi dovute al governo guidato dallo stesso Renzi.
Certo, il referendum sulla riforma della Costituzione che sembrava aver entusiasmato tutto il suo partito, fu per Renzi una delusione. Perse di mala maniera e fu costretto a lasciare tutti gli incarichi. Fu sostituito da Gentiloni che, da renziano, a distanza di poco tempo, cambiò casacca. Si arrivò al voto, con la vittoria di Cinque stelle e Lega, col Pd in caduta libera. Si varò il governo con Conte e due vicepremier Di Maio e Salvini, che durò, grazie al Papeete, un anno.
Grazie a Renzi, il governo cadde e si rivitalizzò il Pd.
Italia Viva fu apprezzato, solo per le intuizioni di Renzi, ma senza voti. Alle prime elezioni di questi giorni, soprattutto regionali e comuni capoluogo, si riuscì a non perdere e a evitare il cappotto da parte della Lega.
Il dramma è stato che il PD venne considerato vincitore e Renzi perdente, anche se, grazie anche a Italia Viva, si ottenne un risultato di tre a tre.
Se non cambia carattere, se non torna meno arrogante, se non si ristruttura e si organizza il partito, se non si pensa al Mezzogiorno e ai giovani, non ci sarà il futuro che l’ex leader spera e merita di riconquistare. Certo, se il referendum di ieri – non quello di oggi- lo avesse vinto, sarebbe stata tutta un’altra storia.
A partire dal monocameralismo, che adesso tutti reclamano, ed il Senato senza vero potere legislativo. In queste ore tutti sono dalla parte delle intuizioni di Renzi, ma quanto ai voti sono pochi davvero.
E se tornasse all’ovile? Sarebbe la soluzione? O deve insistere, nonostante la prima prova sia andata male?