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Cosa succederà in Europa e nell’area del Mediterraneo dopo la guerra in Ucraina? Cosa si muove di nuovo all’orizzonte per le aree più deboli dell’Occidente? Piena di fiducia è l’analisi dello scrittore Mimmo Nunnari.
Cosa succederà in Europa e nell’area del Mediterraneo dopo la guerra in Ucraina? Cosa si muove di nuovo all’orizzonte per le aree più deboli dell’Occidente? Piena di fiducia è l’analisi dello scrittore Mimmo Nunnari.
La guerra russa in Ucraina (con tutti i suoi orrori) ha posto fine ad una pace che in Europa durava da oltre settant’anni e inevitabilmente imporrà ai paesi del Vecchio Continente di ripensare alle loro strategie geopolitiche, specialmente quando scadrà quella fase storica di coincidenza di interessi euroccidentali e americani avviatasi alla fine della Seconda guerra mondiale.
Spazi tattici, convenienze economiche e ragioni di sicurezza in un futuro pieno d’incognite indicano che la partita si giocherà nell’oceano mondo Mediterraneo, snodo di ogni questione europea.
Sta lì, nel vecchio mare nostrum, la soluzione che potrà far uscire l’Europa dall’incerta attuale navigazione senza bussola e dal recinto in cui si è imprigionata, tra ideali ereditati dei padri fondatori europei e ambiguità che derivano dai “moderni” valori ingannatori.
E’ proprio questo il momento - con una parte di Europa in fiamme - di immaginare nuove relazioni internazionali a “geometria variabile”, che abbiano il mondo mediterraneo come visione futura, ha scritto su Limes Federico Petroni, presidente di Geopolis.
In un simile scenario immaginato o semplicemente sognato che obbliga a ripensare a programmi e progetti aprendo la strada a rinnovate ipotesi di collaborazione con l’area mediterranea, l’Italia, e particolarmente il Mezzogiorno, acquiserebbero un peso mai avuto finora in Europa, con la possibilità concreta di diventare il ponte di collegamento tra l’Europa e il Mediterraneo, mare in cui lo Stivale italico è interamente immerso, pur se a volte si dimentica di questa vantaggiosa posizione geografica.
Gli aiuti europei in arrivo col Pnrr rappresentano probabilmente l’ultima occasione utile per realizzare una rivoluzione geopolitica ed economica centrata sul Mediterraneo.
Il ruolo dell’Italia cambiarebbe consensentendo di passare dalla seconda alla prima fila nel teatro europeo.
Perché tutto ciò possa accadere sarà però necessario riagganciare il Sud, considerare una priorità conveniente per tutti e non un peso la riduzione del divario tra le “due Italie”.
Il recupero del Mezzogiorno è fondamentale per “tuffarsi”, tutti insieme, nell’opportunità mediterranea. Il Sud, in quest’ottica, va connesso tra le sue parti differenti e col resto dell’Italia eliminando quelle disuguaglianze tra Mezzogiorno e Settentrione. Lo ha ribadito il presidente del Consiglio Draghi, mercoledi scorso a Napoli, che bisogna colmare i divari territoriali “ormai insopportabili”. Draghi ha ribadito un concetto caro al presidente della Repubbica Mattarella che lo aveva inserito come punto centrale del suo discorso di secndo insediamento al Quirinale.
E’ perciò all’interno di questa prospettiva mediterranea che la Calabria - antico crocevia del Mare Nostrum - ha l’opportunità (l’ultima) di uscire dalla posizione di castigo in cui i Governi fin dall’Unità l’hanno destinata.
La Calabria è storicamente e culturalmente il territorio più vicino al teatro di dimensioni mondiali che è il mondo mediterraneo da dove vengono cultura d’origine dell’Occidente e spirito fondatore europeo. Non basterà però il semplice arrivo di fondi per uscire dalla deriva in cui la regione si trova per responsabilità di una classe dirigente storicamente mediocre e di una burocrazia che è la peggiore d’Italia.
Serve una visione sprovinciliazzata di futuro che aiuti la crescita e lo sviluppo l’unica capace di mutare il destino dell’ultima regione d’Europa.
Il volano è il porto di Gioia Tauro, infrastruttura costruita in funzione del mai realizzato Centro Siderurgico, porto morente prima che l’armatore genovese Giovanni Ravano ne intuisse la posizione strategica e investisse risorse e capacità imprenditoriali trasformandolo nello scalo marittimo tra i primi nel mondo per traffico di container.
A Gioia Tauro le navi arrivano dalla Cina, dal Giappone, dalla Corea, dall’America, dall’Africa e dagli scali europei. E’ stato un miracolo il suo rifiorire, ma i miracoli non si ripetono.