Ricordare Sciascia, un Grande Italiano, illuminista eretico
Nel centenario della nascita, un incontro a Montecitorio.
(Prima Pagina News)
Venerdì 08 Gennaio 2021
Roma - 08 gen 2021 (Prima Pagina News)
Nel centenario della nascita, un incontro a Montecitorio.
L’8 gennaio 1921 nasceva a Racalmuto, un piccolo paese in provincia di Agrigento, un grande italiano: Leonardo Sciascia.

Una straordinaria figura di scrittore, intellettuale, parlamentare italiano ed europeo.

Stamattina, nella sala stampa di Montecitorio, lo hanno ricordato, ciascuno portando testimonianze dirette, l’on. Mollicone ( di Fratelli d’Italia), presidente dell’intergruppo parlamentare Arte e Cultura, il nipote Fabrizio Catalano, uomo di teatro e figlio di una delle due figlie dello scrittore siciliano; l’on. Alessandro Tessari, prima deputato del Pci poi deputato nelle liste radicali, insieme con Sciascia, e Mario Nanni, giornalista parlamentare, autore del recente libro "Parlamento sotterraneo, miserie e nobiltà, scene e figure di ieri e di oggi", in cui Sciascia è ampiamente citato, soprattutto in due significativi episodi.

L’incontro è stato coordinato da Lanfranco Palazzolo, giornalista di punta e grande intervistatore di Radio Radicale. Autore di numerosi libri, tra cui un importante volume che raccoglie i discorsi parlamentari di Leonardo Sciascia, Palazzolo ha fatto numerose domande ai partecipanti, facendo emergere anche alcune circostanze inedite, che hanno dato un ulteriore significato alla celebrazione dell’autore di "A ciascuno il suo" e di tanti altri romanzi.

E' riduttivo – ha detto l’on. Federico Mollicone –definire Sciascia il Borges italiano, fatta salva la grandezza dello scrittore argentino.

I due erano diversi e somiglianti al tempo stesso, per il realismo magico che li accomunava, per la ricerca dei luoghi immaginari, per la capacità di prendere in esame eventi storici e trasformarli in modalità narrative del contemporaneo.

Sciascia ha messo in luce il disfacimento dei valori etici, ha posto l’accento sulla politica che non deve essere arricchimento personale; ha manifestato la capacità quasi visionaria di prefigurare eventi e figure , per esempio in Todo Modo; salvo poi a distanziarsi quando vide l’impressionante somiglianza tra il testo narrativo e la riduzione cinematografica, con il rischio di una strumentalizzazione per fini contingenti di politica ( uno straordinario Gian Maria Volonté che sembrava in modo impressionante Aldo Moro).

Sciascia – ha poi detto l’on. Molliccone - era un inquisitore della verità, e la sua grandezza colpisce anche leggendo le sue interviste, dove tra l’altro si capisce bene che la guerra fredda italiana è esistita, e la tragedia di Moro fa parte di questa guerra fredda. E su Moro Sciascia, oltre a presentare una relazione di minoranza quale componente della commissione parlamentare d’inchiesta, scrisse un libro "L’Affaire Moro"’, in cui c’era un’analisi impietosa delle manchevolezze delle indagini, e di come era stata gestita tutta la vicenda da parte degli apparati dello Stato.

Sui rapporti tra Sciascia e il cinema si è soffermato il nipote Fabrizio Catalano. Per ricordare che lo scrittore verso il cinema, che pure ha tratto dei film da alcuni suoi romanzi ( Il giorno della civetta, Todo Modo, A ciascuno il suo e altri) aveva predisposto un sistema di autodifesa: non partecipava alla sceneggiatura; e allo scrittore Gesualdo Bufalino diede a sua volta il consiglio di non immischiarsi nella sceneggiatura del film tratto da "Diceria dell’untore".

Fece una eccezione con il film "Bronte, cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato", in cui partecipò alla sceneggiatura con il regista Florestano Vancini e Fabio Carpi. Catalano ha poi illustrato una serie di iniziative messe in cantiere dalla Fondazione Sciascia per celebrare il centenario: mostre, rubriche, spettacoli teatrali.

Sciascia fece in tempo a vedere il crollo del muro di Berlino, il 9 novembre del 1989. Egli morì undici giorni dopo. Ma quale fu la sua reazione? Inattesa e sorprendente, come ce la racconta il nipote: davanti a questo evento epocale, lo scrittore si limitò a un semplice: Mah!?!. A riprova che Sciascia non era uomo di certezze granitiche e inossidabili, ma un intellettuale che si poneva domande e cercava verità.

Alessandro Tessari, deputato prima eletto nel Pci e poi passato al Partito radicale per insofferenza verso il partito comunista, ha raccontato che nelle elezioni del 1979 ricevette una telefonata di Pannella: sto preparando le liste (per quelle che si rivelarono le elezioni del boom radicale NdR), vuoi essere il terzo comunista che si candida nelle nostre liste? Gli altri due erano dei "reduci" delusi del Pci: Maria Antonietta Macciocchi e appunto Leonardo Sciascia che dal Pci se n’era allontanato fiutando un sentore di chiesa ideologica, in cui egli illuminista critico si sentiva soffocare.

E così Tessari si candidò e fu eletto insieme a Macciocchi e Sciascia. Tessari ha poi ricordato un duro giudizio di Napoleone Colajanni, importante esponente del Pci, economista, su Leonardo Sciascia: ha smesso di essere un grande scrittore fino a quando non si è fissato con la tesi della collusione tra Dc e Pci. Questo giudizio risale al 1972 ma nel 1978 – ha osservato Tessari – ebbe il suo plateale inveramento in quello che accadde con la tragedia di Moro, quando – ha sostenuto – comunisti e democristiani sul cadavere di Moro intendevano costruire l’alleanza di potere.

L’approccio laico e razionale di Sciascia alla realtà, ha detto Tessari, è sempre attuale, ma non facciamo dello scrittore un santino o , ha detto con una curiosa espressione, "un cioccolatino", un qualcosa insomma di rassicurante. Lo scrittore coltivava il dubbio, e il dubbio inquieta, agita, non rassicura, finché non si arriva alla verità. A sua volta, Mario Nanni, prima di riferire alcuni episodi che riguardavano Sciascia, ha reso omaggio allo scrittore, "grande figura di illuminista ma senza i furori e i fanatismi degli illuministi".

Sciascia – ha aggiunto – è un grande Italiano che non appartiene a nessuna chiesa; egli aveva la religione della libertà e della verità, è stato un grande intellettuale non organico nel senso gramsciano; semmai, è stato un intellettuale organico alla verità ma soprattutto alla ricerca della verità; del resto, sono sue le parole, dettate per l’epitaffio, "contraddisse e si contraddisse".

Sciascia era una persona mite, più che parlare sussurrava, e le sue parole erano come distillate, dense di pensiero e mai con lo stigma del domma o della parola definitiva.

Le sue stesse citazioni o suggestioni letterarie gli servivano come sonde, come trivelle per scavare nella realtà e interpretarla. Un esempio tra tutti: per spiegare la inafferrabilità e la difficile identificazione del vero potere, citava Benito Cereno, il romanzo di Melville, in cui il comandante si illudeva di essere lui a dare la rotta alla nave, ma a comandare effettivamente erano altri. Un monito e un motivo di riflessione per i governanti di oggi che si credono il sale della terra e non sono altro che epifenomeni.

Nanni ha poi raccontato, di Sciascia, l’episodio illustrato in "Parlamento sotterraneo", che lo vide contrapporsi a Berlinguer sul terrorismo italiano e i suoi contatti con alcuni Paesi comunisti dell’Est: un episodio che portò alla rottura tra lo scrittore e il segretario del Pci e ci andò di mezzo anche Renato Guttuso. Ha concluso l’incontro Lanfranco Palazzolo, che ha ricordato alcuni interventi dello scrittore siciliano e il suo amore per la libertà; libertà anche di circolazione delle idee e d’informazione, a cui Radio radicale dedica il suo impegno quotidiano.

m.n.

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