Sei sicuro di voler sbloccare questo articolo?
La presentazione, giovedì 11 maggio alle 17:45, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a viale delle Belle Arti 131 (Roma). Interverranno con l’autrice la redattrice Viola Giannoli e l’attore Neri Marcorè.
La presentazione, giovedì 11 maggio alle 17:45, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a viale delle Belle Arti 131 (Roma). Interverranno con l’autrice la redattrice Viola Giannoli e l’attore Neri Marcorè.
Edito dalla Mondadori, è un libro il cui protagonista “Arturo Baldi, novantacinque anni, viene portato d’urgenza in ospedale, dove scivola in un coma profondo. A dispetto dei neurologi, che lo escludono categoricamente, la coscienza di Arturo è ancora vigile. In questo misterioso tempo sospeso Arturo riesce a sentire, uno per uno, tutti i componenti della famiglia che vengono a fargli visita in una incessante sequenza di confessioni, sfoghi, preghiere (…)”
Un tema, a dispetto del titolo, decisamente impegnato, gravido di implicazioni etiche e sociali. Conosciamone meglio l’autrice.
-Com'è stato lavorare con tuo nonno nell'ultimo periodo della sua vita? In una intervista affermi che, mentre lo aiutavi con la stesura dell'"Autodifesa di Caino" a causa della sua cecità, in realtà sei stata tu a "prendere in prestito i suoi occhi". Cosa e come vedono questi "nuovi" occhi?
“Nell’ultimo anno della sua vita nonno mi ha chiesto di supportarlo nel lavoro a causa della sua cecità. Dovevo quindi prestargli i miei occhi, ma paradossalmente è avvenuto il contrario. Nonno mi ha regalato la sua visione, il suo modo di vedere il mondo. Durante la stesura dell’Autodifesa di Caino, il suo studio si popolava di tutti i personaggi di cui raccontavamo, come fossimo spettatori in un teatro. Gli occhi di nonno erano capaci di guardare al di là delle apparenze, spingendosi nella profondità dell’animo umano. Era lui stesso a dire “da quando sono diventato cieco, vedo le cose assai più chiaramente”.
- Hai un enorme esempio con cui misurarti. Ciò non rischia, socialmente parlando, di adombrarti e schiacciarti artisticamente? Chi è veramente Arianna Mortelliti?
“Io direi che ho uno “splendido” esempio con cui misurarmi. Preferisco non pormi la domanda “Come sarebbe andata se non fossi la nipote di Camilleri?”
Semplicemente perché non è possibile avere una risposta. Arianna Mortelliti è indubbiamente la nipote di Andrea Camilleri, e di Rosetta, ma è anche la figlia di Andreina e Rocco. Nel nostro DNA scorre l’arte, nel mio anche l’amore per le Scienze. Sono animalista, vegetariana da quando ho 13 anni, ma estremamente rispettosa delle scelte alimentari altrui. Amo vestirmi di rosa e mangiare dolci. E che a nessuno venga in mente di privarmi del riposino pomeridiano!
Quando mi racconto, descrivo lati caratteriali di ognuno dei miei familiari. Del resto, siamo la nostra famiglia. Io non posso che ritenermi fortunata ad avere in me anche un po’ di nonno e di aver, spero, trasmesso attraverso il romanzo l’amore con cui sono stata cresciuta”
- Com'è stato scoprire, in tuo nonno, anche un'amica e confidente?
“Lavorare con nonno mi ha permesso di passare moltissimo tempo con lui e scoprirlo sotto una prospettiva nuova. Si lavorava molto, ma c’erano anche bellissimi momenti di confidenze.
Parlavamo degli argomenti più disparati, ridevamo e ci confidavamo. Nonno è cresciuto in una famiglia di donne, cosa che gli ha permesso di sviluppare un cervello femminile, come lui stesso
orgogliosamente affermava. Era come parlare con un’amica saggia e con una lunga vita alle spalle
da cui attingere per consigliarmi al meglio. Siamo andati molto d’accordo fin da quando ero
bambina, stesso carattere cocciuto e per tanti versi difficile. Passare tutto quel tempo a stretto contatto ci ha permesso di riprenderci quello che gli impegni quotidiani ci avevano tolto.”
- Parlami un pò di Arturo, il protagonista del tuo libro. Come lo hai costruito? Quali punti di
incontro ci sono tra lui e te e la tua esperienza con Camilleri?
“Arturo e nonno sono uomini molto diversi, il protagonista del romanzo non vuole essere un ritratto di mio nonno. Tuttavia, per la nipote Nina, Arturo è un nonno straordinario, come per me lo è stato il mio.
Attraverso il loro rapporto, ho voluto restituire un po’ ’ dell’amore che c’era tra me e nonno, la nostra voglia di confidarci e la complicità che ci ha sempre contraddistinti.”
- Come dev'essere secondo te non avere la facoltà di rispondere, provare la frustrazione di non poter manifestare se stessi quando si è in coma? Tu cosa consigli?
“È un argomento che spaventa. La condizione in cui si è trovato nonno, mi ha costretto a doverlo immaginare. Così è nata l’idea del romanzo. Difficile dare consigli. Nel dubbio che la persona possa percepire gli stimoli circostanti, io ho sentito l’esigenza di parlargli, confortarlo e rassicurarlo.”
-In che modo la tua impostazione "logica" si interfaccia con la tua creatività? Il libro è scritto dal punto di vista di Arturo giusto? Perché non hai preferito la comodità di un
narratore esterno, onnisciente? Quali sono stati i vantaggi e gli svantaggi di questa scelta?
“Sono una donna tendenzialmente razionale, ma di fronte ad una persona cara in coma, molte certezze vacillano. Ho scelto di scrivere dal punto di vista di Arturo proprio perché sentivo l’esigenza di dare una voce e una coscienza a un uomo in quello stato. Per un mese mi sono chiesta se mio nonno, scivolato in un sonno tanto profondo, potesse sentire, se nella sua testa formulasse ragionamenti, se provasse emozioni. Sono domande alle quali non si può rispondere con la ragione e dunque è venuta in mio soccorso la fantasia, che al contrario non conosce ostacoli. Pragmatismo e immaginazione sono a mio avviso complementari, indispensabili l’uno per l’altra, nella scrittura così come nella vita.
Privarsi di un narratore onnisciente è una scelta faticosa, tuttavia necessaria per assecondare il mio proposito.”